18 febbraio 1921 – Nasce Alfredo Martini

0
1205
Alfredo Martini
Sesto com'era

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore dei libri Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino – I giorni della nostra storia

Fatti e date che caratterizzano la storia e la cronaca della città di Sesto con la speranza che ci possano aiutare a conoscere la nostra semenza e a intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno pr giorno


18 febbraio 1921 – Nasce Alfredo Martini

Una Francioni color argento, fu questo il regalo che Alfredo Martini ricevette in occasione del settimo compleanno. A qualche bambino di oggi potrebbe sembrare poca cosa, ma quell’attrezzo, che Alfredo custodiva come un gioiello, costò al padre l’equivalente di un mese e mezzo di stipendio e di duro lavoro alle fornaci della Manifattura Ginori.

Era la cosa più bella che potessi sognare e immaginare. Uno strumento prodigioso e miracoloso. Un dono impossibile (…) era il mio cavallo alato, era il mio tappeto volante, era la mia bacchetta magica (Alfredo Martini)

Il padre, Fortunato, pensò, forse, di aver coronato un sogno del figlio, ma aveva fatto molto di più. Aveva costruito il suo futuro e, in parte, anche quello del ciclismo italiano.

Con quella bicicletta Alfredo sfidò per la prima volta le Croci di Calenzano. Erano difficili da scalare, ma la ricompensa era commisurata: vedere transitare il campione del mondo, Alfredo Binda. Il destino di Martini era segnato: divenne ciclista professionista nel 1941 e continuò a gareggiare fino al 1957. Visse per intero l’epopea di Gino Bartali, Fausto Coppi e Fiorenzo Magni in un periodo in cui il Tour de France veniva corso dalle  squadre nazionali e i C.T. erano  personaggi come Learco Guerra e lo stesso Alfredo Binda.

Nel 1950, pochi giorni dopo la vittoria nella tappa con arrivo a Firenze del Giro d’Italia, Alfredo indossò, anche la maglia rosa. Una soddisfazione indicibile per il ragazzo cresciuto nella Ganna di Colonnata. Alla fine del Giro si classificò terzo dopo Koblet e Bartali. Non proprio due sprovveduti.

Nel suo palmares, poche, ma significative, vittorie. A spiccare è soprattutto il successo nel giro dell’Appennino del 1947. Eravamo nell’immediato dopoguerra e la corsa aveva anche il compito di commemorare i caduti della strage della Benedicta avvenuta tra il 6 e l’11 aprile 1944. Chi poteva essere il vincitore più adeguato se non il ciclista-partigiano Alfredo Martini?

Al termine della carriera Martini si dedicò al negozio di abbigliamento aperto per la Strada Nova. Un negozio di roba fine ed elegante. Proprio come il suo gestore. Mai avrebbe pensato di rientrare nel mondo del ciclismo. Fu Fiorenzo Magni il grande campione e amico fraterno, nonostante gli opposti ideali politici, a indirizzarlo alla carriera di Commissario Tecnico.

Iniziò con la Ferretti nel 1969. Due anni furono sufficienti per portare Gosta Petterson, lo svedese che odiava il freddo, al successo al Giro d’Italia. Poi, sempre su indicazione di Magni, arrivò anche la chiamata della federazione ciclistica italiana. Una chiamata alla quale non si poteva dire di no. E’ stato proprio come C.T. della Nazionale che Alfredo ha dato il meglio di se stesso e ha messo a frutto gli insegnamenti di tutti i grandi campioni che aveva conosciuto. In ventidue anni, dal 1975 al 1997, ottenne ben sei vittorie nel Campionato del Mondo impreziosite anche da sette argenti e altrettanti bronzi.

Grazie a quella vecchia Francioni, che lui definiva prodigiosa, Alfredo ha girato l’Italia, l’Europa e il Mondo, ma è sempre tornato a Sesto per condividere con gli amici le sue fatiche e i ricordi delle imprese di Bartali e Coppi. A Sesto ha cominciato a dispensare saggezza anche nei confronti di chi non aveva a che fare con il ciclismo. Ha tenuto conferenze nelle scuole e nelle biblioteche elargendo lezioni, non di ciclismo, ma di vita. Si rivolgeva soprattutto ai giovani perché riteneva che fosse importante divulgare soprattutto a loro i valori del ciclismo: fatica e lealtà. Valori fondamentali anche nella quotidianità perché niente si ottiene senza sacrificio.

Bisogna allenarsi bene, saper soffrire, voler soffrire. Sono felice di aver scelto il ciclismo, con la sofferenza che comporta, ma non è che i miei compagni alla catena di montaggio soffrissero di meno.

Nelle sue parole si trovava sempre, ferma, la condanna verso la ricerca delle strade facili per il successo. Strade che sembrano darti molto, ma che, alla fine, ti tolgono di più

Il doping ti toglie la dignità, è un gesto di vigliaccheria.
Si possono guadagnare tanti soldi, ma sporchi,
e poi si pagano con gli interessi

Quando è stato il momento di andarsene, Alfredo, ha avuto una folla di sestesi degna di un campionato del mondo a salutarlo. Parenti, amici, semplici conoscenti tutti insieme a circondare e sostenere quei ragazzi (gregari e campioni) che, in segno di riconoscimento, gli hanno tirato l’ultima volata.

Daniele Niccoli

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO