Cantagalli (La Racchetta Sesto) a TS: “Vi spiego perché Monte Morello è spelacchiato

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Morello
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Da qualche anno i boschi di Monte Morello non sembrano godere di buona salute. Per saperne di più tuttosesto.net ha intervistato Simone Cantagalli, responsabile regionale delle convenzioni Racchetta e delle pubbliche relazioni, iscritto da 31 anni alla sezione di Sesto Fiorentino de La Racchetta.

Il problema di Monte Morello è che i rimboschimenti di pino nero sono stati fatti a inizio novecento. Monte Morello era stato disboscato al tempo dei Medici perché si pensava che i boschi trattenessero i venti di tramontana. Siccome Firenze fu colpita  da numerose pestilenze, si pensò di disboscare Morello. In più, una parte degli alberi furono impiegati per fare le travi portanti dei più importanti monumenti di Firenze. A inizio novecento Morello era completamente senza bosco, c’erano animali al pascolo e degrado totale. Fu dato inizio un’opera di rimboschimento per gradi, a 4-5 ettari per volta a partire dall’inizio del novecento. Gli ultimi rimboschimenti sono stati fatti negli sessanta con vari insuccessi vista l’asperità del terreno che è molto sassoso. Inoltre, qualche anno prima, durante la guerra, ci furono degli incendi che chiaramente non furono spenti perché si doveva pensare ad altro. Secondo l’idea iniziale questi rimboschimenti avrebbero dovuto ricreare il soprassuolo su cui poter piantare le piante originali di Monte Morello: querce, faggi, castagni, abeti. Un po’ per mancanza di soldi, un po’ perché si è fatta strada l’idea di lasciare tutto com’è, Morello è stato largamente abbandonato. A partire dalla fine degli anni novanta si sono succedute numerose stagioni di siccità.  Anche durante questo inverno non è piovuto quasi mai. E’ mancata anche la neve che è fondamentale perché penetra nel terreno  permettendo all’umidità di mantenersi nel sottosuolo anche nel periodo estivo. 2003, 2009, 2011 e 2012 sono stati anni di grande siccità. Gli alberi più vecchi di pino nero sono quasi tutti morti. Ecco perché a Monte Morello ci sono questi crinali spelacchiati. Sarebbe opportuno recuperare questa situazione perché a Morello le piante cadono in terra, creando un forte accumulo di soprassuolo che in caso di incendio può avere effetti devastanti. 

Il bosco va curato, ma nel corso degli anni non è stato fatto, anche se la Provincia di Firenze è intervenuta facendo delle pulizie del soprassuolo, portando via gli alberi morti. Il bosco, quindi, si sta rigenerando in modo abbastanza cospicuo. Chiaramente andare a fare un intervento, come quello della Provincia, sui duemila ettari di bosco di Morello diventa problematico perché c’è un certo frazionamento con i privati che sono restii ad investire soldi per la manutenzione del bosco. La situazione è pericolosa sia per quanto riguarda gli incendi boschivi sia per le frane e le alluvioni. Una vegetazione degradata non è in grado di trattenere le masse d’acque“.

Ci sarà qualche operazione da parte vostra?
Purtroppo abbiamo scarse disponibilità finanziarie. Noi possiamo avere un occhio di riguardo durante i nostri pattugliamenti a Morello per segnalare eventuali situazioni che potrebbero portare al dissesto con le frane. E’ già successo in passato. Sotto la Terza Punta c’è stata una frana che pochi conoscono. A causa del peso di alberi vecchi di quasi cento anni il soprassuolo è scivolato su una placca di roccia, portandola completamente a nugolo. Poi la frana si è fermata perché ha trovato un altro bosco che l’ha trattenuta. Successivamente la Provincia è intervenuta eliminando gli alberi caduti. Non ci sono zone più a rischio di altre perché Monte Morello dispone di forti pendenze in tutti i suoi versanti. Sia chiaro: non vogliamo lanciare l’allarme di frane a Morello o rischio di chissà quale cataclisma, ma chi è proprietario dei terreni cominci a fare opere di manutenzione necessarie per far defluire al meglio l’acqua, come ripulire i canali di scolo. Fondamentale è anche la manutenzione del muretto a secco, una struttura ingegnata per far filtrare l’acqua attraverso appunto il muretto senza provocarne il collasso. Tutto ciò che è successo, è avvenuto non per colpa della natura, ma dell’uomo che in passato aveva maggiore cura del territorio e dei propri averi. I danni erano limitati“.

STEFANO NICCOLI

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