“La parola all’avvocato”: lo stalking

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Quinto appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato“, curata dagli avvocati Elisa Baldocci e Marco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected].

Gentile Avvocato mi trovo in una situazione davvero spiacevole che mi spaventa moltissimo. Sono una donna di 53 anni e dopo un matrimonio turbolento alle spalle credevo di aver ritrovato l’amore con il mio nuovo compagno. Lui però con il passare del tempo è diventato sempre più possessivo nei miei confronti, mi controllava ogni momento della giornata fino a che non ho preso la difficile decisione di lasciarlo. Lui non vuole saperne e spesso si fa trovare sotto casa mia quando esco per andare a lavoro, mi chiama sul numero fisso dell’ufficio e delle volte sono costretta a staccare il telefono per riuscire a lavorare. Lui per ora non mi ha fatto minacce dirette né mi ha messo le mani addosso, si limita a seguirmi e a contattarmi continuamente al cellulare con messaggi e chiamate ma io ho comunque paura che la situazione possa degenerare. Cosa posso fare? Posso denunciarlo?
Leggiamo sempre più spesso sui nostri giornali notizie di donne, talvolta anche di uomini, vittime di “stalking”, ovvero “atti persecutori” per usare la formulazione del nostro codice penale, che dopo la fine di una relazione si trovano a subire questo reato senza essere in grado di reagire ed evitare quegli esiti drammatici che, non di rado, accompagnano le loro storie.

In realtà nel nostro ordinamento sono previsti molti strumenti a tutela delle vittime di stalking di cui però non tutti sono a conoscenza, ma prima di esaminarli è bene spiegare, anzitutto, in cosa consiste questa particolare fattispecie di reato.

L’articolo 612 bis del codice penale stabilisce che gli estremi di tale illecito sono, in primo luogo, la condotta necessariamente reiterata di minacce o molestie, quindi se ci si trovasse di fronte ad un singolo episodio isolato, quand’anche fosse particolarmente grave, non si potrebbe parlare di stalking, ma eventualmente di altri reati previsti dal nostro codice.

Le minacce o molestie devono inoltre essere finalizzate a recare una delle seguenti conseguenze pregiudizievoli in danno alla vittima:

1) un perdurante e grave stato di ansia o di paura

2) timore per la sua incolumità o quella dei suoi familiari o altra persona legata da relazione affettiva

3) necessità di modificare le proprie abitudini di vita.

Trattandosi di un illecito penale, la vittima ha senza dubbio la possibilità di sporgere querela, entro tre mesi da quando sono stati commessi nei suoi confronti gli atti persecutori, e dare così avvio ad un processo.

Oppure, in alternativa alla proposizione di una querela, la persona offesa dal reato può segnalare il fatto al Questore e richiedere contestualmente che venga attivata la procedura del cosiddetto “ammonimento”.

Il Questore, una volta appurato che la segnalazione inoltrata dalla vittima è fondata, convoca lo stalker e lo ammonisce del fatto che, se in futuro dovessero verificarsi nuovamente fatti analoghi a quelli segnalati, si procederà d’ufficio nei suoi confronti e, in caso di condanna, il giudice comminerà una pena aggravata dalla circostanza specifica del non aver rispettato l’invito contenuto nell’ammonimento del Questore.

Laddove venga instaurato un procedimento penale a carico dello stalker, in presenza di gravi indizi di colpevolezza e comprovate esigenze di tutela della vittima, è possibile che egli venga sottoposto ad una “misura cautelare”, quale può essere la custodia in carcere o gli arresti domiciliari, l’allontanamento dalla casa familiare o il divieto di contattare la persona offesa o anche solo di avvicinarsi alla stessa.

Infine, il consiglio da dare in questi casi è indubbiamente quello di rivolgersi sempre ad un avvocato penalista, senza timore di dover pagare la sua parcella; infatti, in tema di stalking la legge stabilisce che il “patrocinio a spese dello Stato”, ergo l’assistenza legale gratuita, non debba essere condizionato ad alcun limite di reddito in modo tale dunque da essere accessibile a tutti cittadini“.

ELISA BALDOCCI

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