Tornano i “migranti bonificatori”. Puliranno gli argini del’Arno

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Il primo intervento (pilota) è stato un successo: l’estate scorsa, a Firenze e a Pistoia. E così la Regione ha deciso di proseguire l’esperienza dei ‘migranti bonificatori’ lungo tutta l’asta dell’Arno, in collaborazione con i consorzi di bonifica. A lanciare l’idea era stato l’assessore all’immigrazione Vittorio Bugli ed ora tutto è pronto per partire, nei prossimi mesi.

Nelle scorse settimane si sono susseguiti incontri con gli amministratori, i prefetti e gli enti gestori delle province di Arezzo, Firenze, Prato e Pisa, organizzati da Bugli di concerto con i rispettivi consorzi di bonifica. E durante le riunioni l’assessore ha esposto il progetto: promuovere attività finalizzate a realizzare esperienze di volontariato ambientale per favorire l’integrazione degli stranieri nel tessuto sociale regionale.

Il modello è quello dell’esperienza condotta a maggio di un anno fa, assieme al Consorzio di bonifica 3 del Medio Valdarno. Allora diciotto giovani che avevano richiesto asilo o protezione internazionale – tra i diciotto e i ventisei anni, qualcuno poco più di un ragazzo – hanno lavorato tutta l’estate per ripulire l’Arno e il Mugnone a Firenze, il Rimaggio a Sesto Fiorentino e la Brana e l’Ombrone a Pistoia. Lo hanno fatto da volontari e poi hanno deciso di proseguire nell’inverno.

“I risultati sono stati incoraggianti – afferma Bugli – Tra lattine, bottiglie di vetro, plastica e indifferenziato sono stati raccolti durante l’estate più di una tonnellata e mezzo di rifiuti. Da qui l’idea di proseguire lungo l’asta del grande fiume che attraversa mezza Toscana”. “Lungo l’Arno nascerà una grande ciclabile – spiega – Ma già ora alcuni tratti sono percorribili, a piedi o a cavallo, e tenerli puliti e in ordine è il primo passo per aiutarne la fruizione. Da subito. Inoltre il coinvolgimento di questi ragazzi fuggiti dai loro paese ed ospitati in maniera diffusa sul territorio aiuterà la coesione sociale e l’integrazione. Nelle riunioni fatte con gli amministratori e gli enti gestori ho trovato la disponibilità di tutti ad aderire a questo progetto che potrà portare solo vantaggi” .

I richiedenti asilo, profughi e migranti lavoreranno anche in questo caso come volontari. I gruppi saranno comèosti al massimo da 20 persone. Ci sarà un corso di formazione che permetta loro l’acquisizione delle principali nozioni in materia di sicurezza sul lavoro e nozioni su lavorazioni in ambito ambientale e agricolo. I volontari non utilizzeranno macchinari o strumenti speciali, e saranno divisi in gruppi al massimo di venti persone, ciascuno seguito da un operatore-tutor del Consorzio. Ma all’esperienza di volontariato potranno seguire percorsi maggiormente caratterizzati sul piano dell’integrazione con la certificazione delle competenze.

Al fianco dei consorzi potrebbero collaborare, in queste attività di volontariato, anche associazioni ambientali locali. Il che aiuterebbe ulteriormente l’integrazione degli ospiti stranieri nel tessuto dei paesi che li accolgono. Di fatto si tratta di integrare l’ordinaria manutenzione svolta dai Consorzi, ad esempio con la raccolta dei rifiuti abbandonati. “La nostra intenzione è quella di coinvolgere anche le associazioni che si occupano di ambiente perché crediamo che solo con una forte collaborazione si potranno ottenere buoni risultati – dice ancora Bugli – . Il progetto merita, certamente, l’attenzione di tutti coloro che amano il nostro fiume e che vogliono vederlo pulito e accessibile, riappropriandosi di un luogo simbolo della Toscana”.

“L’esperienza dell’estate scorsa – conclude l’assessore – ci ha convinto ad ‘esportare’ questo percorso, sicuramente all’avanguardia, in tutta la Toscana. Come Regione fin dall’inizio abbiamo favorito il coinvolgimento di questi ragazzi in attività volontarie socialmente utili: un’idea che si è tradotta, grazie al cuore e alla fantasia dei territori, in esperienze diverse ma allo stesso tempo simili”. “Se i profughi rimangono infatti una massa indistinta la gente non capisce – sottolinea – Se invece a questi ragazzi diamo un volto e un nome, li facciamo vivere a piccoli gruppi nei paesi e magari li facciamo partecipare alle attività delle comunità che le accolgono, allora da profughi diventano persone. La diffidenza o paura si scioglie. E tutto cambia”.

Regione Toscana

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