Ha vinto una borsa di studio al laboratorio Nove il primo profugo ospitato in casa

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Mohammed ha ventuno anni ed arriva dal Gambia, staterello affacciato sull’Atlantico appena più grande dell’Abruzzo, da più di venti anni retto da una dittatura dimenticata e dal 2015 stato islamico. Orfano e senza più parenti, Mohammed è fuggito dall’Africa, un viaggio lungo un anno e quattro mesi, e ora è ospite a Firenze di Letizia, Sergio e i loro tre figli piccoli, otto anni la più grande, cinque il secondo e dieci mesi l’ultima arrivata. Sono loro i primi a partire con il progetto di accoglienza in famiglia lanciato un anno fa dalla Regione e a luglio finalmente autorizzato dal Viminale.

Sergio, 37 anni, lavora come grafico in un’azienda. Letizia, 39, è giornalista e per una volta protagonista della storia che racconta. “Ci sono due problemi nel mio paese – dice Mohammed, in italiano -: il regime feroce e l’omofobia”. In Gambia è stato oggetto di persecuzioni personali ed ha attraversato il mare, come tanti altri, perché forse era l’unico modo per salvarsi la vita. “Con mio marito – spiega Letizia – abbiamo visto come tanti le immagini in televisione che raccontano l’enorme fenomeno migratorio che appartiene ai nostri anni ed abbiamo capito che la differenza tra noi e loro, tra quei bambini e i nostri figli, era in fondo solo la fortuna: noi nati qui, loro là”. Così la stanza dei giochi dei bimbi si è fatta un po’ più stretta ed è diventata la stanza di Mohammed. “Sappiamo che la convivenza potrà essere complessa – dice -, ma speria mo che sia anche bella e capace di insegnare qualcosa ai nostri bambini”.

Guarda al mondo Letizia, ma è anche pragmatica e pensa all’economia domestica e all’organizzazione delle giornate, anche se prima di decidere non si è messa a fare troppi conti se i 16 euro al giorno di rimborso erano sufficienti a coprire le spese. “La più terrorizzata – confessa – era mia madre: per la logistica, sia chiaro. Noi siamo infatti fuori quasi tutto il giorno ed è lei che si occupa dei bambini. Ma tutto questo non ci ha impedito di agire”. “A volte le cose difficili sono più semplici del previsto. E comunque – conclude – trovo disumano non fare niente, anche se la soluzione non può essere solo dei singoli”. Per adesso Mohammed starà con loro per sei mesi, poi si vedrà. Programmi oltre nessuno ne fa al momento.

Bugli: “Così pensiamo all’immigrazione in modo diverso”

Letizia e Mohammed hanno partecipato oggi ad una conferenza stampa a Palazzo Strozzi Sacrati a Firenze nella sede della presidenza della Regione. C’era anche l’assessore all’immigrazione Vittorio Bugli, emozionato. “Accogliere in famiglia – dice – ci fa pensare all’immigrazione in modo diverso. Ci aiuta a dare un volto e un nome a quelle persone che arrivano e che generalizzando chiamano profughi”. “Non tutte le famiglie che si sono fatte avanti diventeranno altrettanto esperienze di accoglienza – spiega – Ci sono situazioni che mal si adattano e ce ne stiamo già rendendo conto. Ma ce ne sono anche altre che stanno procedendo: quella di Mohammed è appunto una di queste”. Alla conferenza stampa in Regione c’erano anche Matteo Conti, Andrea Ricotti e Francesco Venturi, rispettivamente presidente, responsabile del progetto di accoglienza in famiglia e operatore della cooperativa “Il cenacolo”, parte del consorzio Co&So e che gestisce la struttura di Polcanto in Mugello dove il ragazzo del Gambia fino ad oggi ha trovato ospitalità. “Tutto è partito con una telefonata di Letizia – dicono – Dovevamo trovare una famiglia accogliente ma anche una persona disponibile a farsi accogliere. Li abbiamo trovati, li abbiamo fatti incontrare, insieme abbiamo scritto le regole e ora sono pronti a partire”.

La fase preliminare all’inserimento è iniziata qualche settimana fa. Sergio, Letizia e i bimbi hanno incontrato il ragazzo una volta a pranzo, poi hanno passato alcune giornate assieme. “Nei prossimi giorni andremo a raccogliere olive in Maremma, nella casa in campagna” dice la donna. Poi la prossima settimana l’ospitalità diventerà stabile, ma non si perderanno i contatti con la cooperativa. L’educatore che si occupa dell’inserimento incontrerà infatti per un’ora a settimana l’ospite, per capire come sta andando la convivenza, e continuerà ad occuparsi del lavoro che sta dietro e che riguarda il progetto di inserimento.

Dall’Africa al Mugello, su una barca in balia delle onde

E’ da un anno e mezzo oramai che Mohammed è arrivato in Italia, ma raccontare continua ad essere doloroso. I giornalisti gli chiedono da dove è partito, chi era con lui. Nella sua fuga attraverso l’Africa, lunga sedici mesi, non sono mancati momenti difficili. In Libia ha lavorato per un paio di mesi per un poliziotto del posto (o almeno uno che si spacciava come tale) ed è stato lui a farlo salire su un barcone. Quattro giorni in mezzo alle onde, fino alla Sicilia: sopra erano in almeno cento e in venticinque, ricorda, non ce l’hanno fatta.

Una volta in Toscana, è stato per qualche tempo a Dicomano e poi appunto nella frazione di Polcanto, da Firenze giusto un passaggio. Alla cooperativa raccontano il suo entusiasmo nel partecipare ai laboratori proposti, dal giardinaggio alla falegnameria fino alla cucina. “Mi piace cucinare italiano” ripete anche oggi. Ha avuto anche un’esperienza in un ristorante, mentre era qui, ma soprattutto si è distinto nel laboratorio di teatro e grazie ad uno spettacolo allestito dal centro, in cui era tra i protagonisti, ha vinto una borsa di studio per un corso di recitazione presso il Laboratorio Nove di Sesto Fiorentino. Tutto ciò non lo ha distratto dallo studio: infatti Mohammed ha seguito i corsi di lingua e a settembre ha passato con successo l’esame per l’iscrizione alla terza media. Seguirà le lezioni alla Beato Angelico di Firenze. Prima di tornarsene a casa, fuori, i giornalisti gli chiedono le ultime foto davanti al Duom o e in quel momento si avvicina una turista incuriosita: “Scusate, ma chi è quel ragazzo? E’ un modello o un giocatore di basket?”. No, gli rispondono i fotografi, è solo un ragazzo che è stato costretto a fuggire dal proprio paese.

Regione Toscana

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