Sesto Fiorentino ospita, sino al 31 maggio prossimo, una mostra dedicata all’artista Antonio Berti. L’esposizione, che è legata al progetto “Alto Basso”, è divisa fra il “Centro Antonio Berti” di via Bernini (dove sono esposte le sculture più belle della produzione dagli anni Trenta agli anni Ottanta) e “La Soffitta Spazio delle Arti”, all’ultimo piano del Circolo Arci-Unione Operaia di Colonnata, (dove si possono ammirare schizzi, disegni, bozzetti, dipinti e molti documenti fotografici e corrispondenze con illustri personaggi del secolo scorso).
Alla mostra – intitolata semplicemente “Antonio Berti (1904-1990)” – è dedicata questa intervista con Cristina Acidini, storica dell’arte, scrittrice, attuale presidente dell’Accademia delle Arti del Disegno ed ex soprintendente per il patrimonio storico, artistico ed etnoantropoligico e per il Polo Museale della città di Firenze.
Dottoressa Acidini, Sesto Fiorentino ha voluto onorare Antonio Berti con una grande mostra antologica. Lei ha presenziato all’inaugurazione: cosa pensa di questa iniziativa?
“La figura di Antonio Berti merita le attenzioni che gli vengono dedicate in questo momento; e ne meriterà altre in futuro, sviluppando i tanti temi collegati con la sua persona e con la sua opera. Credo che sia davvero una mostra di grandissima qualità, che ci presenta un artista forse più multiforme e sfaccettato di quello che siamo abituati a pensare, perché ne emerge anche un grande pittore oltre che uno scultore. E quanto ai suoi gessi hanno quella impronta di vivezza straordinaria, propria di chi sapeva non solo cogliere le somiglianze fisionomiche (il che, nel caso del ritratto è pur sempre un grande merito), ma anche dare alle effigi il senso della vita interiore; certi lampi negli sguardi che si direbbero impossibili nella scultura, specialmente nella scultura monumentale o celebrativa quale può essere il ritratto di un pontefice o di una nobildonna, sono assolutamente sorprendenti. Credo proprio che la visione diretta e ravvicinata ci aiuti a capire quanto sensibile fosse Antonio Berti, quando rivolgeva la sua attenzione e la sua creatività al modello”.
A pochi metri da una delle sale che ospitano la mostra c’è lo storico studio di Berti che è in fase di restauro. Come valuta questo progetto?
“Condivido pienamente il desiderio di recuperare e rendere fruibile lo studio di Berti, che ha il suo valore non solo documentario, ma anche, come spesso accade negli studi di artista, di evocazione della vita vissuta lì dentro, di una professione esercitata con passione e con altissimi risultati. E’ un luogo delicatissimo, dove si percepisce come un aroma che non deve disperdersi, che va anzi protetto, salvaguardato e, se e come possibile, condiviso col pubblico. I visitatori certo non mancherebbero: ho personalmente osservato la reazione appassionata e partecipe dei tanti intervenuti alla presentazione e ho sentito pareri tutti molto positivi”.
Lo si può definire uno scrigno di opere d’arte?
“La bellezza e il valore delle opere sono certamente un elemento, ma negli studi d’artista il quid in più, il fascino ulteriore, è dato dalla disposizione che è spesso anche casuale, frutto delle circostanze che si sono succedute nel tempo anche indipendentemente della volontà dell’artista. Nello studio di un artista assume fascino anche un compasso appeso al muro o una matita lasciata con apparente dimenticanza in un angolo, che apparentemente non merita catalogare o musealizzare, ma che trasmette invece il senso irripetibile delle ore e dei giorni operosi trascorsi dall’artista fra quelle mura”.
L’idea di un itinerario legato a case e studi di artisti potrebbe giovare al turismo culturale nei borghi di provincia?
“La visita allo studio d’artista sarebbe un’attrattiva specifica che contribuirebbe a richiamare l’attenzione dei visitatori. D’altronde da tempo, da anni, la Regione Toscana persegue una sua linea di valorizzazione delle case e degli studi d’artista, consapevole che proprio la presenza delle memorie di queste grandi personalità sul territorio è un valore aggiunto. Senza pensare utopisticamente di allontanare il turismo di massa dalle grandi mete (perché chi vorrà andare agli Uffizi o alla Galleria dell’Accademia continuerà ad andarci), si può così dare risalto al territorio e alle sue tante forme di attrattiva, che oggi fanno fatica ad affermarsi”.
Come si può definire Antonio Berti come artista?
“Certamente, anche per quelli che sono stati i protagonisti della storia novecentesca che si sono rivolti a lui, è una figura di profilo assolutamente internazionale e inserito, questo sì, in una corrente ben precisa: quella corrente del figurativo che ha avuto i suoi campioni in Firenze e Toscana e che nel Novecento ha patito nei confronti di una affermazione crescente, quasi autoritaria, dell’arte astratta, del non figurativo. E’ evidente che lui, come altri maestri del suo tempo – che hanno continuato a seguire, diceva Annigoni ‘come pellegrini’, le vie del figurativo – ha dovuto subire anche una certa forma di messa in ombra, quasi di negligenza da parte della critica allora militante. Mi auguro che questa nuova riflessione in atto e le iniziative presenti e future siano invece finalizzate a gettare sempre maggior luce su Berti e a contribuire a un posizionamento critico meritato per quella che è stata davvero una grande figura di scultore e d’artista completo”.
La mostra – inaugurata il 28 febbraio scorso – resterà aperta fino al 31 maggio con orari 16-19 dal martedì al sabato e 10-12 e 16-19 la domenica; lunedì chiuso.
Lo Spazio Arti La Soffitta