Correva l’anno 1968, direbbe il bravo giornalista, e, mentre il mondo era pervaso dalla contestazione giovanile e in Italia si cantava “Vengo anch’io…no tu no” in una piccola fabbrica di Calenzano si minacciavano licenziamenti.
Nessuna novità. Negli anni precedenti erano stati gli operai della Ginori, della Pignone e di chissà quante altre aziende a subire la stessa sorte.
In quei giorni si decideva invece il destino delle lavoratrici e dei lavoratori della Florence azienda con sede nella zona delle Bartoline.
Mia nonna Matilde, protagonista di quelle lotte, diceva che andava a lavorare dai tedeschi. Credo si riferisse alla proprietà, ma forse anche alla severità dell’ambiente.
Oggi, da un cassetto di mia zia sono sbucate alcune canzoni-poesie che lavoratrici e lavoratori scrivevano forse per stemperare la rabbia accumulata a causa degli stipendi che non arrivavano.
Dipingono una storia triste con una semplicità che ormai ci è estranea.
Ho cercato riferimenti a quella vicenda, ma al momento non ho trovato niente. Se qualcuno avesse memoria dei fatti e avesse anche voglia di raccontarli lo pregherei di mettersi in contatto con TuttoSesto. Potremmo trovare il modo di ricostruire la vicenda. Non credo comunque ci sia stato un lieto fine.
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Di seguito una di quelle poesie. Ha anche un titolo: “Poesia dolorosa di una confezione tedesca”. E’ del 27 agosto 1968.
Noi siamo tutti pazzi
perché stiamo ad aspettare
la grana che non viene
Non usciamo dalle pene
di queste tre catene.
La buca dei ladri si scatena
e di soffrire è di già piena.
Ma c’è il BOIA in armonia
che tien su la compagnia.
La Valeria ci comanda
a me sembra molto in gamba,
con l’operaio è un po’ severa
e qualcuno si dispera
Il controllo è tutto in pena
dice:- se non pagano, andiamo
a letto senza cena.
Il Belardini è sparito, dove andato?
forse si è imboscato
e al “manicomio” non è più tornato.
Quando c’è una gran burrasca
Alfredo si fruga la tasca
e dice:”Che cretini:
stiamo qui senza quattrini.
In ufficio c’è mistero
e a qualcuno fa un occhio nero.
Ma al più presto a quel serpente
gli farei camera ardente
a portar fiori e ceri mandiamo Severino
e il Bovazzi con vestiti neri.
Il meccanico è un po’ ruffiano
e se ne va sempre lontano
suo trovare là in Germania
l’avventura o la cuccagna.
Cari amici chiedo scusa
se ilBOIA è un po’ matusa.
Domenico poi non sta male:
ha trovato un bel guanciale
ma poi anche lui pensa
che gli mancherà la mensa.
C’è il Dottore con la borsa,
ma ogni tanto fa una corsa
per cercare dei quattrini
per gli operai che aspettano con ansia
e sono andati
in ferie senza una palanca.
C’è una bionda celestiale
che raramente appare
a far promesse e discorsetti
poi ci lascia a denti stretti.
Ho scritto questo dal nervoso
per passare un po’ di tempo
e vi chiedo di scusare
o mia cara e brava gente.
Oggi sono un po’ agitata
e non resisto in camerata
ma purtroppo devo stare
i quattrini ad aspettare.
Vorrei andare all’aria aperta
per dimenticare tutto, ma il mio cuor
non ce la fa: c’è un segreto
che nascondo e nessuno capirà.
La storia della Florence non è finita
durerà tutta la vita.
E’ una vicenda dolorosa
e l’operaio non riposa
né di notte né di giorno
e non vorrebbe far ritorno.
Speriamo che finisca.
è una cosa che rattrista
Noi abbiamo i Sindacati
ma son sempre disarmati.
Ci vorrebbe un bel cannone
per buttar giù il capannone.
Siamo tutti sconsolati: qui non passano
le ore. Oh caro Bettarini
prenda Lei una soluzione.
Qui c’è un gran sgomento
noi abbiamo alla gola
il pianto e chissà quando finirà.
Di qua vedo anche bellino;
sta facendo un pisolino
solo un dormiveglia
poi girella qua e là
e va verso la sua metà
e gli dice: mia cara
andiamo a licenziarci questa sera!
Il biondo mi sta vicino
e dipinge un figurino
ma il tempo non vuol passare
e non sa più cosa fare.
Poi ci sono le spazzine che sono assi carine:
non appena diciamo: ahimè, arrivano col caffè.
Daniele Niccoli