Pomodorini contaminati: intervista a Filippo Fossati, amministratore unico di Qualità & Servizi

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La Salmonella è l’agente batterico più comunemente isolato nelle infezioni trasmesse da alimenti. A settembre centinaia di bambini della Piana fiorentina sono stati colpiti dalla tossinfezione causata da questo agente patogeno rilevato nel cibo distribuito da Qualità & Servizi nelle mense scolastiche. Dopo le comunicazioni della ASL, le prese di posizione dei Comuni proprietari dell’azienda (Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Signa, Calenzano, Carmignano, Barberino di Mugello e Capannori) e di alcune forze politiche, TuttoSesto ha intervistato in esclusiva Filippo Fossati, amministratore unico di Qualità & Servizi che – come ci ricordano dall’azienda – dal 2017 ha scelto i principi cardine di Slow Food, “buono, pulito e giusto”, per trasformare la ristorazione scolastica in ristorazione d’eccellenza. Un impegno che l’ha portata a scalare la classifica di Foodinsider fino a conquistare il primo posto come migliore mensa d’Italia. Qualità & Servizi eroga più di due milioni di pasti all’anno nelle scuole toscane valorizzando sostenibilità e territorio locale per creare una vera e propria Comunità del cibo.

Fossati ci racconta cos’è successo lo scorso settembre, dei nuovi processi produttivi adottati da Qualità & Servizi e dell’ultimo report dell’European Centre for Disease Prevention and Control, studio che ha evidenziato la causa dei focolai di salmonella che si sono verificati in molti Paesi europei e anche in Toscana e in Umbria.

Come avete saputo del primo caso?
“Il primo campanello d’allarme è arrivato nel primo pomeriggio del 25 settembre, esattamente alle 15.27, quando siamo stati avvertiti via mail dal Settore dei Servizi demografici e alla persona del Comune di Sesto Fiorentino, del fatto che alcuni bambini che usufruiscono del servizio mensa svolto da Qualità e Servizi presentavano sintomi gastrointestinali e che in alcuni casi si era reso necessario l’accesso al pronto soccorso”.

E quindi cosa avete fatto?
“Per noi la salute e il benessere delle bambine e dei bambini viene prima di tutto. E quindi abbiamo fatto la cosa più responsabile: senza aver ancora ricevuto alcuna indicazione dalle autorità sanitarie, abbiamo immediatamente chiuso le cucine in accordo con le amministrazioni comunali. Di questa decisione abbiamo informato l’ASL, mettendoci subito a disposizione per tutte le ispezioni e le verifiche necessarie in azienda”.

Ma la ASL non vi ha imposto un’interruzione del servizio.
“No, infatti. Solo giovedì 26 la ASL è arrivata in azienda e sia gli ambienti che le attrezzature sono risultati completamente a norma. Dopo l’ispezione e dopo aver consegnato i campioni di cibo prodotti nella finestra temporale associata alla possibile tossinfezione, abbiamo in ogni caso deciso di prorogare la chiusura delle cucine, avviare la sanificazione, rinnovare tutto lo stock alimentare, seguendo le procedure di sicurezza interne”.

Però, a distanza di un mese, la stessa ASL ha contestato una mancata chiusura: come se lo spiega?
“Non me lo spiego e non mi spiego ancora, al pari dei nostri sindaci, come e perché la Prevenzione dell’Asl, dati i più di cento accessi al Meyer fra venerdì e sabato, sia stata avvisata solo il mercoledì successivo. La nostra scelta, autonoma e tempestiva, di chiudere precauzionalmente le cucine è stata immediatamente comunicata via mail agli uffici scuola dei Comuni e alle scuole paritarie. Infatti, quando la ASL ha varcato la soglia di Qualità & Servizi per la prima volta, noi avevamo già sospeso la preparazione dei pasti. Il 26 settembre stesso ho anche riferito in Consiglio comunale a Calenzano. Ripeto, su queste cose non si scherza”.

E i lavoratori cosa le dicevano?
“Erano increduli. E con loro abbiamo ripercorso più e più volte tutti i passaggi per capire cosa potesse essere successo. In questi due mesi abbiamo lavorato con gli enti preposti per analizzare, approfondire, capire, confrontarci, e rendere ancora più sicuri i nostri processi produttivi. E lo abbiamo fatto senza mai perdere un contatto, anche umano, con le famiglie dei nostri bambini. Guardi, i lavoratori credono molto nel servizio che svolgono, tanto che si sono spontaneamente offerti di sottoporsi ai test per verificare un eventuale contagio. Ventuno di loro, tutti addetti alla distribuzione, sono poi risultati positivi: avevano consumato gli stessi pasti dei bambini. Tutti gli altri lavoratori, a cominciare da quelli che operano nelle cucine, sono risultati negativi”.

Avete capito da dov’è arrivato il batterio della Salmonella?
“Pochi giorni fa la ASL, per bocca del vice direttore del dipartimento di prevenzione Giovanni Nardone, ha parlato di “super novità” ovvero di una tossinfezione generata da un prodotto ortofrutticolo e non da uova o carne. Si tratta di un fatto nuovo e inquietante per tutto il mondo della refezione scolastica e per i normali consumatori. Già nei giorni scorsi, prima della riunione congiunta delle commissioni IV e VI del Comune di Sesto, avevamo acquisito l’informativa emessa il 12 novembre dall’ECDC, il massimo organismo in materia di salute nell’Unione europea. Nel documento dell’European Centre for Disease Prevention and Control, trasmesso in tutti i Paesi UE e che la ASL ha reso pubblico durante le commissioni del 28 novembre, si parla diffusamente di un’epidemia di salmonella legata al consumo di pomodori crudi. Un fatto davvero incredibile che costringe tutti a riconsiderare il modo in cui consumiamo, anche a casa, determinati alimenti. Nel rapporto del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie si fa riferimento non solo alla Toscana ma anche all’Umbria e ad altri Stati come Germania, Francia, Austria e Paesi scandinavi: si parla dell’aumento poderoso della contaminazione di verdura, frutta, acqua e della sua relazione con eventi nelle aree agricole quali alluvioni o grandi siccità, sempre più frequenti a causa del cambiamento climatico”.

Quindi la “pista” del farro con i pomodorini è confermata.
“La ASL ha chiuso il cerchio, arrivando alla conclusione che il principale sospettato è il pomodorino siciliano. Un prodotto ortofrutticolo proveniente da grandi fornitori all’ingrosso, un mercato al quale, purtroppo, ci siamo dovuti rivolgere per limitate preparazioni, ma che, come ripetiamo da anni, presenta forti limiti e al quale va sempre preferita la filiera corta, come facciamo orgogliosamente noi”.

Il “chilometro zero” è anche una questione di sicurezza alimentare.
“Sì, il ‘chilometro zero’ è soprattutto una questione di sicurezza alimentare. Si tratta di una vera e propria necessità di salute, un diritto per tutti noi e per la nostra terra.
Quando c’è di mezzo il benessere dei bambini, bisogna essere pronti a mettere in discussione ogni cosa. Anche per questo motivo nelle ultime settimane siamo intervenuti così profondamente, ripercorrendo tutta la filiera e i nostri flussi produttivi”.

Insomma, niente più datterini nelle mense?
“No, finché non avremo garanzie sul prodotto e la sua origine certa, ma la questione è un’altra. I pomodori sono coltivati anche in Toscana, e noi stessi, che difendiamo la filiera corta per questioni di sicurezza, qualità e sostenibilità, ne acquistiamo sempre il maggior quantitativo possibile. Ma non sono sempre disponibili e in quantità sufficiente a rispondere a tutto il fabbisogno scolastico. Pensate che ogni giorno dalle nostre cucine escono oltre 10mila pasti”.

In che modo siete intervenuti? Può farci qualche esempio?
“Volentieri. E guardi, voglio proprio cominciare da una questione cruciale: il lavaggio delle verdure. Pur avendo noi sempre utilizzato un disinfettante secondo le indicazioni del produttore, abbiamo deciso di sostituirlo con uno diverso, sempre a base di ipoclorito di sodio. Non solo: ci siamo dotati di una macchina per il lavaggio automatico delle verdure per rendere ancora più efficace l’abbattimento della carica microbica. Queste scelte ricalcano le migliori pratiche attualmente in uso nel settore. Crediamo, del resto, che il nostro compito sia anche quello di tenere gli occhi aperti per cogliere alcuni segnali e attrezzarci di conseguenza”.

Ed ecco tornare il tema dei fornitori.
“Produttori e fornitori sono fondamentali. In queste settimane non abbiamo mai smesso di confrontarci anche con loro. Siamo però arrivati alla decisione di stringere ulteriormente le maglie, contrattando una garanzia di salubrità per ogni prodotto e chiedendo di fornire documentazione specifica sulla sua origine precisa, sia che questo provenga da produttori diretti e cooperative, sia che arrivi da associazioni di produttori, commercianti e fornitori di prodotti confezionati”.

Sarà sufficiente?
“No, accanto a questo abbiamo intensificato i controlli sui prodotti e sull’ambiente di lavoro. Abbiamo analizzato nuovamente tutte le fasi operative, revisionando in maniera ancora più cautelativa i limiti di accettabilità legati ad alcuni parametri. Abbiamo intensificato i controlli e le registrazioni di processo, abbiamo ampliato il numero di campionamenti su semilavorati e prodotti finiti, il numero di tamponi su superfici e mani degli operatori.
L’obiettivo è quello di ottenere un monitoraggio ancora più puntuale sull’igiene di processo e sull’adeguatezza delle misure preventive lungo tutto il flusso produttivo, dall’ingresso delle materie prime alla somministrazione del pasto finito nelle scuole.
Stiamo parlando di misure strutturali che richiedono a tutto il personale di Qualità & Servizi un livello di attenzione ancora maggiore. Voglio però sottolineare che ci sentiamo tranquilli nel metterle in atto, perché per noi la sicurezza alimentare è un tema non negoziabile”.

Fino a oggi quali erano le garanzie richieste sul prodotto pomodorino e quali saranno quelle più dettagliate necessarie al reinserimento del prodotto stesso nel menù?
“Le garanzie sono legate soprattutto al protocollo di disinfezione che è indicato dal fornitore stesso e che noi abbiamo sempre rispettato scrupolosamente.
Quello che sfugge nel caso del fornitore all’ingrosso, per colpa della lunga fila di intermediari che separano il coltivatore dall’utilizzatore finale, è il contesto nel quale gli ortaggi crescono. Per intenderci, è notizia di pochi giorni fa il ritrovamento del batterio della salmonella in un acquedotto della provincia di Trapani dove in 15 Comuni è scattato il divieto di utilizzare l’acqua di rubinetto. L’allarme è che il contesto sta cambiando drammaticamente e in modo straordinariamente rapido. Quanto al pomodorino, nello specifico, valuteremo se, quando e come reinserirlo nel menù sulla base di un insieme di criteri, il primo dei quali è la sicurezza alimentare”.

Cosa auspica per il futuro? Serve più agricoltura in Toscana?
“Sicuramente. La nostra regione ha saputo difendere e promuovere la propria filiera, ma l’obiettivo dovrebbe essere quello di poter soddisfare tutto il fabbisogno, quantomeno della refezione scolastica, con prodotti locali”.

Avete qualcosa da dire ai familiari dei bambini che sono stati male a fine settembre?
“Sono stati mesi difficili per tutti, per le famiglie, per le bambine e i bambini, per chi lavora in Qualità & Servizi. E in questo periodo non abbiamo mai smesso di metterci in discussione, lavorare sodo e dialogare con tutti. In particolare con le famiglie colpite, alle quali rinnovo vicinanza e affetto insieme all’ impegno ad offrire un sostegno specifico. Il nostro compito, adesso, è soprattutto quello di rendere ancora più sicure le nostre preparazioni nel contesto di sfide ambientali inedite e spesso allarmanti e di farlo seguendo le più autorevoli indicazioni scientifiche e le più innovative scelte tecnologiche e organizzative, impegnando gli studiosi e i tecnici migliori. Continueremo a coinvolgere famiglie e scuole, aperti come e più di sempre a critiche e proposte di cambiamento, un approccio che ci ha premiati come la miglior mensa d’Italia nel 2023. Ora questo patrimonio d’avanguardia, che è di tutta la comunità della Piana, lo dobbiamo aggiornare alle nuove sfide della sicurezza alimentare in un ambiente che cambia, senza passi indietro sulla qualità del cibo, delle preparazioni e dei produttori”.

STEFANO NICCOLI

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