C’erano 245 giornalisti che come me…

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editoriale
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Donald Trump, presidente degli Stati Uniti d’America, dichiara che sarebbe favorevole al ritiro delle licenze dei giornalisti di ABC e NBC perché raccontano storie negative su di lui (ilgiornale.it 25 agosto 2025);

“Io non voglio mai parlare con la mia stampa” (Fuori onda di Giorgia Meloni in occasione dell’incontro alla Casa Bianca – Ansa).

Basterebbero queste affermazioni per giustificare il segno di lutto (per il giornalismo) posto in calce a questo articolo.

I motivi però sono altri e, purtroppo, addirittura più gravi.

Lunedì 25 agosto, durante un attacco all’ospedale Nasser a Gaza, sono stati uccisi cinque giornalisti. Il conto, dall’inizio dell’offensiva israeliana seguita alle sanguinose vicende del 7 ottobre, sale ad almeno 245. Eppure anche questo numero, che pure costituisce un record mai registrato in nessun precedente conflitto, rappresenta il motivo principale di quel lutto che chiude l’articolo.

Il dolore vero che voglio esprimere con quel fiocco nero è per tutti i morti di una guerra che, se fosse veramente tale, sarebbe già automaticamente assurda.

Questa, però, non è neanche una guerra. Non ci sono eserciti che si combattono (e sarebbe comunque grave). Questo è un atto criminale nei confronti di una intera popolazione.

Il dolore vero che voglio esprimere è per gli sterili dibattiti su come debba essere definito questo atto criminale.

Mentre si discute su genocidio sì o genocidio no, bambini, donne e uomini di ogni età continuano a morire e nessuno, tanto meno in Italia, prende qualche decisione concreta che vada oltre alla “coraggiosissima” e generica condanna.

Se Dio c’è (qualsiasi Dio) forse davvero prima o poi giudicherà anche chi oggi bombarda gli ospedali e uccide medici e sanitari.

Forse giudicherà chi affama un’intera popolazione.

Sarà comunque troppo tardi e noi, uomini e donne di questo tempo, non saremo graziati. Non esisterà scusa che ci salverà dalla colpa di non esserci opposti validamente a questi criminali.

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STEFANO NICCOLI

 

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