Repubblica: scricchiola il Patto sulle grandi opere

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“Nessun cambiamento. Andiamo avanti con il lavoro impostato”, rassicura il sindaco Nardella a proposito del patto per Firenze firmato con Renzi a inizio novembre, in piena campagna elettorale: 680 milioni per la città, di cui 110 nuovi, per un totale di progetti fino a due miliardi e duecento mila euro. Verrà il patto travolto insieme a Renzi? No, secondo Nardella: “Gli interventi sono già instradati nelle procedure”. Pare anche i 20 milioni e 400 mila euro dello Stato da aggiungere ai 40 della Camera di Commercio per la Fortezza.

Sarà. Intanto però – scrive la Repubblica Firenze – i 100 milioni destinati alle tramvie (linea 4 e studio per il sottoattraversamento del centro) dello Sblocca Italia non sono ancora moneta sonante. Mentre di patti con le città italiane Renzi ne ha firmati altri e, se la coperta sarà stretta per mancanza di fondi, chi la tirerà di più? In più, la manovra del governo sta andando in senato e si presume dovrà essere ritoccata per coperture mancanti.

Fuori dal patto ci sono le grandi opere. Lo scenario e per ora è fantapolitico: non si sa chi succederà a Renzi né cosa farà lui, se il segretario del Pd che magari influenza un presidente del consiglio a lui vicino o se starà fuori dei giochi per tornare dopo la debacle altrui. Ma proviamo a fare qualche scenario. La Tav. Le Ferrovie non vogliono più fare la stazione Foster ma conservare il tunnel solo per i treni che non fermano, concentrando il resto su Santa Maria Novella. La revisione del ventennale progetto del nodo fiorentino sta dentro il piano industriale per i prossimi dieci anni delle Ferrovie, voluto da questo governo. E se un nuovo governo volesse altro, magari il ritorno alla Foster? Più che una nuova giravolta, negli ambienti ferroviari si ipotizza un possibile stallo. Il governo ha la parola definitiva, ma le Ferrovie ci mettono la maggior parte dei soldi: possono traccheggiare con motivi tecnici.

L’aeroporto. Da un lato una liberazione. A forza di dire, da parte dei nemici della nuova pista, che era “roba di Renzi”, Peretola era diventato un caso politico. Anche se non è vero perché il lavoro per la pista era iniziato con la giunta regionale Martini e l’allora presidente di Peretola Michele Legnaioli e era proseguita con Rossi che ci ha messo la faccia. Ora l’aeroporto potrebbe scrollarsi la targhetta di appendice renziana. L’eventuale rischio, invece, riguarda le questioni che derivano dalla politica e non dal mercato. Con alle spalle, tuttavia, due clausole di sicurezza. La prima è l’unione con Pisa che fa del polo toscano un aeroporto strategico nazionale, posizione che non può cambiare perché è legge. La seconda è la Via (valutazione di impatto ambientale) che ormai c’è. Comunque, la Via deve passare dalla firma dei ministri di ambiente e cultura, che possono anche modificare le prescrizioni della commissione tecnica. La natura del governo peserà anche sui finanziamenti che lo Stato può dare agli scali strategici sotto i 3 milioni di passeggeri, fino al 50% dei loro investimenti. Per Peretola, 150 milioni, di cui 50 già nello Sblocca Italia ma senza decreti attuativi e il resto da stanziare.
Infine c’è la competizione con Bologna che crescerà via via che ci si avvicinerà alla nuova pista, tanto che la città emiliana potrebbe denunciare all’Europa il finanziamento pubblico a Peretola come una turbativa della concorrenza perché i due scali sono lontani solo un’ora. E qui si giocherà anche il peso politico delle due città

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