Intervistato dal Corriere Fiorentino, il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ha parlato dell’ampliamento dell’aeroporto di Peretola. Riportiamo alcune sue dichiarazioni:
“Aspettiamo il decreto del ministero e poi i cantieri possono aprire. Siccome io confido che l’Italia sia un Paese normale, a mio parere entro l’estate, al più tardi in autunno, partiranno sia i lavori per l’adeguamento di Peretola che quelli per il restyling del “Galilei” di Pisa. Peraltro mi fa piacere che Toscana Aeroporti voglia fare queste opere con una società.
Se la Regione può mettere i fondi eventualmente tolti a Peretola? Non mi pare un’ipotesi realistica. Così come non mi sembra realistico spostare i fondi da Firenze a Pisa: io credo che Enac non potrà che confermare i 100 milioni. Anche perché sulla base di questi stanziamenti sono stati predisposti piani finanziari e i soldi sono legati alle opere di mitigazione ambientale e di assetto idrogeologico.
Che significato ha lo sviluppo del Vespucci? Mi sono adoperato per questa svolta perché la Toscana vive di connessioni con il mondo: la sua base produttiva è manifatturiera e orientata all’export. E senza collegamenti aerei decenti, gli imprenditori andranno a investire da altre parti. La Toscana è una regione della ricerca, che è ormai connessa a livello internazionale. La Toscana è una regione della cultura. Alla Toscana serviva questa svolta e per farla abbiamo affrontato anche questioni politiche che hanno lacerato il tessuto politico del centrosinistra. Penso alle proteste della Piana fiorentina e, prima, a quelle che provenivano da Pisa.
C’è una sinistra che si condanna all’irrilevanza dicendo no allo sviluppo e anche decidendo di correre da sola a Firenze contro Nardella e contro il centrosinistra. Io non sono del Pd e penso che il Pd abbia fatto tanti errori. Di più, noto che le contraddizioni a sinistra sono evidenti anche tra i democratici, vedi sindaci contrari allo sviluppo di Peretola. Però la storia della sinistra in Toscana è legata a un rapporto stretto col mondo del lavoro e con le forze produttive. Rompere questa relazione vuol dire condannarsi all’irrilevanza, oltre che negare la propria storia“.