Giovedì 26 settembre il Polo scientifico di Sesto Fiorentino ha ospitato l’evento dal titolo “La robotica in campo industriale” organizzato da Confindustria Firenze.
Vi proponiamo l’intervento introduttivo di Paolo Sodi, consigliere della Sezione Territoriale Fiorentina Nord di Confindustria Firenze:
“Buon pomeriggio a tutti e grazie per essere qui.
Vi porgo il benvenuto. Sono Paolo Sodi, Consigliere delegato alla Ricerca e all’Innovazione della Sezione Fiorentina Nord di Confindustria Firenze.
Ringrazio tutti i relatori e tutti i presenti a questo incontro, che vorrebbe essere il primo di una serie di meeting, rinnovo della presidenza permettendo – e mi riferisco evidentemente al ciclo di rinnovi della presidenza di Confindustria Firenze e delle sue derivazioni, dalle 5 sezioni territoriali alle 19 sezioni merceologiche, delle quali immagino siate venuti a conoscenza dai media.
Un ringraziamento particolare va al dott. Alessandro Monti, Project Manager della Fondazione per la ricerca e l’innovazione, con il quale abbiamo ideato ed organizzato l’evento, e alla struttura di Confindustria Firenze.
Nel progettarlo, siamo partiti dall’assunto di base secondo il quale la necessità sentita, da parte di tutti, Imprese, Amministrazioni locali e strutture universitarie è quella di rendere il territorio sempre migliore sotto più aspetti: sostenibilità, ambiente, accessibilità e naturalmente la crescita di valore.
Dobbiamo pertanto sviluppare tutte le possibili azioni per portare tutti questi enti a collaborare, interagire, progettare e costruire insieme.
Il compito di un’associazione, come Confindustria, è quello di “predisporre il campo alla semina”. Poi saranno i rapporti fra i singoli a seminare e raccogliere i frutti, raccontando la loro esperienza, cosicché, chi semina dopo di loro, non cada negli stessi errori e possa migliorare il processo.
L’intento è quello di rivolgerci a quanto di sano e di eccellente abbiamo qui vicino, a due passi da noi, e magari non lo sappiamo.
Nel nostro territorio: siamo nella Piana, il cuore pulsante della Provincia di Firenze, il cuore industriale.
Ma certo senza che questa visione divenga un vincolo o una limitazione geografica. La Toscana e l’Italia sono piene di campioni e di eccellenze, che spesso ci vengono maggiormente riconosciute fuori dai nostri confini che da noi stessi.
E poi il mondo, grazie all’avanzamento tecnologico, è sempre più piccolo.
Sicuramente, nelle parti sane e spesso eccellenti del nostro Belpaese, che creano e distribuiscono valore, noi annoveriamo il mondo dell’università e quello dell’impresa, che troppo spesso non hanno incrociato i loro percorsi in maniera proficua e sinergica.
Il consiglio direttivo della Piana di Confindustria Firenze, tramite il comitato innovazione e ricerca, si è posto quindi innanzitutto un obiettivo di conoscenza reciproca. Perché – solitamente – prima di fidanzarsi bisogna conoscersi, capire che cosa ci può interessare dell’altro o dell’altra, e poi si può chiedere la mano dell’amata.
Conoscere – o meglio iniziare a conoscere – il mondo dell’Università e della ricerca, quest’oggi dell’Università di Firenze, pieno di altissime competenze, allo scopo di farlo lavorare sinergicamente con il mondo delle imprese.
Fare innovazione è – peraltro – connaturato alla natura stessa di impresa. Qualunque impresa nasce e prospera se, fin dall’inizio, c’è un’idea innovativa, un cosiddetto vantaggio competitivo.
Purtuttavia, a volte ci troviamo di fronte ad aziende che vorrebbero trovare senza cercare, e a un mondo accademico che talvolta viene accusato di cercare senza trovare.
Allora la ricetta che noi oggi proponiamo è quella di cercare e trovare una reciproca contaminazione.
Lo slogan di questo ciclo di incontri sarà quindi “Più università nell’impresa e più impresa nell’università”: un’impresa che investa risorse in ricerca, anche tramite e in collaborazione con il mondo della ricerca, e un’università che sappia aprirsi, farsi conoscere, far sapere quanto di eccezionale si nasconde nei propri laboratori, e rivolgersi anche alle imprese, parlando una lingua comune.
Abbiamo voluto chiamare questo ciclo di incontri “Aperitivo geniale”, perché l’incontro prevede un aperitivo finale, ma anche perché il genio alberga spesso sia nel mondo delle imprese, sia in quello universitario. E qui in Toscana ne sappiamo qualcosa: quest’anno il mondo intero ha celebrato i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, il genio per eccellenza.
A proposito, che cos’è il genio?
Facendo questa domanda qui da noi, si corre il rischio di sentirsi rispondere in coro: “fantasia, intuizione, decisione e velocità d’esecuzione”. E ci rendiamo conto di come certi film cult abbiano contribuito, appunto, alla cultura più dell’Enciclopedia Treccani. Una definizione di genio che, fra l’altro, è sempre attualissima, perché la velocità d’esecuzione oggi è essenziale quanto la fantasia e l’intuizione.
William James, invece, uno dei fondatori della moderna psicologia, affermò che “Il genio altro non è che la capacità di osservare la realtà da prospettive non ordinarie”.
Sulla stessa linea Arthur Schopenhauer, che però fa una distinzione fra genio e talento. “Il talento colpisce un bersaglio che nessun altro può colpire; il genio colpisce un bersaglio che nessun altro può vedere.”
Albert Einstein disse invece: “Mentre una persona intelligente, quando riesce a trovare un ago in un pagliaio, si ferma soddisfatta, il genio continua a cercare per trovarne un secondo, un terzo ed eventualmente un quarto.”, mettendo l’accento sulla caratteristica della cocciutaggine, propria anche degli imprenditori. Perché il genio è colui che non si limita ad un acuto, ad una sola performance eccezionale, ma la ripete nel tempo.
Quantunque Leonardo e Steve Jobs non fossero particolarmente scolarizzati, dobbiamo dire che la formazione è oggi fondamentale, e l’Università qui presente è il caposaldo dell’alta formazione.
Ma immediatamente dopo è necessario abbandonare tutto quello che si è appreso sui libri, per volare in alto, mettendo in atto quel cambiamento che tutti noi esaltiamo come uno straordinario motore di progresso e di crescita, come la più grande fonte di opportunità.
Troppo spesso, però, l’elogio del cambiamento si ferma sulla soglia di casa: e cioè, va bene finché non ci riguarda. Gli anglosassoni hanno coniato il termine NIMBY, Not In My Back Yard. Tema assai noto da queste parti.
E quindi ci troviamo ad attuare il cambiamento quando è troppo tardi, che si tratti del bilancio aziendale o dell’esame del sangue che ci condanna all’insalatina a vita.
Noi tutti sappiamo che il contesto attuale è caratterizzato da elevata volatilità e incertezza. La sfida per ogni azienda è trasformare tutto ciò in opportunità, portando – in maniera veloce e snella – innovazione nella propria impresa e sul mercato.
La conoscenza migliore si ha attraverso la visione di esperienze che già hanno dato frutti. Poi, magari, dovremo avere anche il coraggio di raccontare i fallimenti, e verificare insieme quali siano stati i motivi che li hanno determinati.
Oggi portiamo alla vostra attenzione due mirabili esempi di innovazione tecnologica e di proficua collaborazione fra il mondo delle imprese e quello dell’università e della ricerca. L’auspicio, per tutti noi, è di trarne spunto per credere ancora di più nell’innovazione e nella sinergia fra questi due straordinari mondi”.