Nuovo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato” curata dagli avvocati Elisa Baldocci, Maria Serena Primigalli, Marco Baldinotti e Martina Pernici.
I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected].
“Sempre più frequentemente capita di doversi confrontare con una questione di non facile soluzione per gli utenti: in quali casi le notifiche degli atti e degli avvisi della Agenzia delle Entrate sono validi e in quali altri non lo sono.
Districarsi non è affatto semplice, in quanto è possibile imbattersi in molteplici ipotesi, che modificano la risposta finale. Fra tutte, oggi approfondiamo l’ipotesi che sopravviene quando sussite una variazione di residenza, caso molto frequente.
In questa ipotesi, prima di analizzare l’accertamento nel merito è sempre fondamentale controllare la regolarità della notifica. Come detto, la notifica rappresenta la fase essenziale del procedimento amministrativo tramite cui si conclude la formazione dell’atto impositivo e che determina l’instaurazione corretta del contraddittorio tra le parti. La notifica è l’atto che porta materialmente a conoscenza il destinatario della pendenza di un procedimento a suo carico o, nel caso specifico degli avvisi tributari, di una pretesa da parte dell’erario nei confronti di un determinato contribuente. È innegabile, dunque, il carattere fondamentale di tale fase al fine di permettere al contribuente di difendersi nel merito. È illegittimo e sanzionato con la nullità l’accertamento fiscale (e gli atti presupposti ad esso collegati) che non è stato portato a conoscenza del destinatario, nei modi previsti dalla normativa in materia.
A titolo di esempio, è nulla la notifica della cartella esattoriale non preceduta dal relativo avviso di accertamento (atto presupposto), dal momento che la cartella esattoriale informa il contribuente di quanto dovuto allo Stato a titolo di recupero di imposta, senza che venga spiegato e specificato i motivi per i quali tale somma è richiesta.
Questa premessa è necessaria per analizzare l’ipotesi di variazione della residenza da parte del contribuente. Seguendo la normativa, le persone fisiche residenti nel territorio dello Stato hanno il domicilio fiscale nel comune nella cui anagrafe sono iscritte. Mentre per chi non risiede nello Stato italiano ai fini del domicilio fiscale si guarda al comune nel quale è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più comuni, al comune dove è prodotto quello più elevato. Una disciplina specifica è prevista per i cittadini italiani residenti all’estero.
Inoltre, viene stabilito che le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate. Qualora il contribuente vari la residenza anagrafica, ai fini dell’opponibilità della stessa all’Ufficio dell’Ente impositore, non vi è obbligo di comunicazione: dal sessantesimo giorno successivo alla data in cui la variazione si è verificata è opponibile all’Ufficio stesso (qualora il cambio di residenza avvenga nello stesso comune sono sufficienti 30 giorni). La normativa in esame garantisce all’Amministrazione finanziaria, alla quale non può essere addossato l’onere di ricercare il contribuente nel suo domicilio, un lasso di tempo durante il quale la notifica al precedente domicilio è valida.
In altri termini, se la notifica non è eseguita a mani al contribuente, deve essere eseguita, ai fini della compiuta giacenza al domicilio fiscale del contribuente che coincide con il comune alla cui anagrafe il contribuente è iscritto.
È pur sempre consigliabile comunicare il trasferimento di residenza all’Agenzia delle Entrate, al fine di evitare il perfezionamento della notifica al vecchio indirizzo nei 60 (o 30 se all’interno del medesimo comune) giorni successivi alla comunicazione stessa. In ogni caso, in assenza di comunicazione, trascorsi 60 o 30 giorni dal trasferimento la notifica all’indirizzo precedente non è più valida, dal momento che è passato il tempo ragionevole a garanzia dell’Ente Impositore che ne giustifica la non conoscenza del nuovo domicilio fiscale.
La sola ipotesi di perfezionamento della notifica all’indirizzo di residenza precedente sarebbe identificata nel caso in cui il messo notificatore consegnasse a mani il plico al destinatario che, per qualsivoglia motivo, si trovasse nella vecchia residenza; in casi simili l’irregolarità della notificazione sarebbe sanata per il raggiungimento dello scopo, poiché il destinatario è stato validamente messo a conoscenza della pretesa erariale. Tuttavia, è opportuno precisare che non potrebbe ritenersi, altresì, valida la notifica tramite la consegna, a un familiare di quest’ultimo: non opera la presunzione di convivenza non meramente occasionale tra i due.
In conclusione, non è valida la notificazione dell’atto impositivo per compiuta giacenza presso il precedente indirizzo di residenza nel caso in cui il contribuente abbia tempestivamente comunicato la variazione ovvero, in mancanza di detta comunicazione, siano passati i giorni concessi per legge all’Agenzia delle Entrate ai fini della conoscenza delle mutate condizioni. Secondo l’adito Giudicante la notifica per come effettuata dall’Agenzia delle Entrate deve ritenersi nulla e quindi il credito azionato prescritto. Sulla stessa scia si è pronunciata anche la Corte di Cassazione con sentenza del 25 maggio 2020 n. 9567, secondo cui “in tema di accertamento delle imposte dei redditi, la variazione del domicilio fiscale, indicata dal contribuente nella dichiarazione annuale dei redditi o risultante da un altro atto comunicato all’Agenzia delle Entrate, costituisce atto idoneo a rendere noto all’Amministrazione il nuovo domicilio ai fini delle notificazioni, dovendo in ogni caso tale ius variandi essere esercitato in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario .
Avv. MARTINA PERNICI