Il 2018 de La Soffitta Spazio delle Arti si è aperto con la mostra-installazione di Claudio Bartoli nata dalla performance fotografica Il Muro tenutasi lo scorso 2 settembre alla Casa del Popolo di Colonnata.
Nella storica galleria d’arte di Sesto Fiorentino il fotografo e artista che ha ideato il tutto ha portato una selezione – 75 scatti – delle tantissime foto fatte ai soggetti che sono passati davanti al muro rappresentato in un grande pannello e un video di 4 minuti che propone, in rapidissima sequenza, le 6000 immagini complessive (al ritmo di 25 al secondo).
L’inaugurazione si è tenuta venerdì 5 gennaio alle 18. L’installazione sarà visitabile – ad ingresso libero – sino alla sera di domenica 7 gennaio.
“Quando Claudio Bartoli mi ha proposto il progetto de Il Muro ne sono rimasto affascinato e gli ho dato carta bianca – ha esordito Francesco Mariani, responsabile del gruppo La Soffitta Spazio delle Arti e presidente del Circolo Arci-Unione Operaia di Colonnata –. Ora che ne vedo i risultati posso sottolineare che è riuscito a cogliere in pieno lo spirito che vive nella nostra Casa del Popolo e che la sua installazione mi ricorda alcuni progetti di Marina Abramovic. Complimenti!”.
“Questa non è una mostra di fotografia – ha spiegato Claudio Bartoli –, ma un’installazione concettuale che usa la fotografia per documentare e analizzare un evento sociale. E’ per questo che le persone che si vedono davanti al muro, che fa da oggetto di fondo, compaiono e scompaiono in pose disordinate. Ma ognuno dà il suo contributo al ‘dialogo’ con il muro stesso che rappresenta la Casa del Popolo, la sua fisicità statica e concreta. Il progetto è nato subito dopo i lavori di ristrutturazione del Circolo e ho voluto interpretare Il Muro come un punto di partenza di un nuovo periodo della vita di questa realtà storica della città.
Devo dire – prosegue l’autore – che la capacità di interagire con la parete fotografata di chi si è fermato davanti alla gigantografia è stata ben maggiore di quanto mi attendessi tant’è che questa immagine è stata trattata come una struttura di veri mattoni e pietre. Molti sono stati attratti dalla finestra-oblò che c’è al centro e fa da occhio o buco della serratura per cercare di scoprire cosa si cela dietro il muro stesso. La mia speranza era che fosse la gente, liberamente, a determinare la proprie reazioni nel rapporto oggetto-soggetto. E i risultati sono andati oltre le attese. In galleria la sequenza di scatti che ho scelto ha un inizio e una fine scanditi da dei fogli bianchi che vogliono significare la continuità del progetto: in futuro nuove foto saranno scattate per raccontare altri momenti di estemporaneità di fronte al muro”.
L’artista e critico d’arte Massimo Innocenti che ha seguito Bartoli nello sviluppo del progetto ha sottolineato come Il Muro abbia prodotto un risultato assolutamente imprevedibile in origine: “Quello che vediamo nell’istallazione a La Soffitta va ben oltre ciò che mi immaginavo in partenza – ha detto –. L’artista è riuscito a trasformare la gigantografia di questo muro nella scenografia di un teatro all’aperto per attori involontari. Ma anche lui ha compreso la teatralità di quello che era riuscito a fare solo dopo la performance, cioè quando ha riordinato le foto scattate e le ha ricomposte per questa installazione. Qui, ora, ha scelto di proporre le sequenze un po’ come in una via Crucis o in un’immagine cinematografica che vive di vita propria. Su Il muro ho scritto che è stabile come l’idea stessa di superarlo o di lasciarlo decadere, come cade un fondale in una scena ormai da troppo tempo ripetuta”.
L’immagine utilizzata per la performance è stata scattata da Bartoli a Campi Bisenzio ed è parte del muro di cinta di una casa colonica.
A completare la cerimonia d’apertura della mostra-installazione de Il muro c’è stata la presentazione del nuovo libro del giornalista Fabrizio Borghini intitolato Incontri con l’arte… e non solo. 30 anni di televisione.
“L’idea di questo volume – ha raccontato Borghini – è nata quando il presidente di una Fondazione che mi conosce da lungo tempo mi ha detto che voleva darmi un premio alla carriera. Allora mi sono accorto che erano passati 30 anni da quando ho iniziato a fare giornalismo culturale. Cominciai per caso. Avevo scritto il libro Prato al cinema e il fotografo pratese Nino Ceccatelli, che aveva una rubrica su Tv Prato, mi propose di intervistare i personaggi di cui parlavo per riempire gli ultimi 5 minuti della trasmissione. I personaggi erano Roberto Benigni, Paola Villoresi, Francesco Nuti, Giovanni Veronesi. La cosa venne bene e i minuti diventarono 15. Da lì è partita una fortunata catena di eventi che non si è più fermata. Nel ’92 è nata Incontri con l’arte che è diventata la trasmissione più longeva nel suo genere e per la quale ho curato 15mila servizi in giro per la Toscana e anche oltre. Oggi mette in onda, su Toscana Tv, due miei servizi al giorno 365 giorni l’anno. Ritengo un privilegio aver avuto l’occasione di intervistare e conoscere grandi figure come Margherita Hack, Gillo Pontecorvo, Vittorio Sgarbi, Gino Bartali e tanti altri. Ma su tutti vorrei ricordare un grande sestese come Alfredo Martini: lui che non è stato un campionissimo in bici è stato una campionissimo di umanità. E nel libro parlo molto di loro soprattutto attraverso le foto. Spero sia un volume utile anche ai giovani che vogliono avvicinarsi al mondo del giornalismo televisivo”.