Per altre vie: “Bullismo e Cyberbullismo, ce ne parla Disconnect”

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Disconnect

Torna l’appuntamento con la rubrica settimanale “Per altre vie” dedicata alla psicologia e curata da Emanuela Eboli. Se questi giorni ti stanno mettendo a dura prova, se hai bisogno di qualche piccolo consiglio per alleggerire e rendere più serene le giornate e il rapporto con i tuoi figli o se vuoi offrire una tua riflessione, la tua esperienza perché possa essere di aiuto a chi ci legge puoi scrivere a [email protected]. Gli articoli saranno pubblicati tutti i mercoledì.

Te lo dico con un film…

Per alcune settimane affronteremo tematiche psicologiche attraverso i film. I film danno infatti una possibilità a tutti noi di vederci dentro; facilitano il contatto con le personali emozioni e rappresentazioni mentali e veicolano i messaggi attraverso una narrazione per immagini che tocca in profondità, che va dritta al cuore. I film ci consentono di comprendere meglio ciò che accade intorno a noi e, come ogni forma d’arte, ci aprono a nuovi scenari e a nuove strade mentali. 

Insieme guarderemo e rifletteremo sulle criticità tipiche dell’adolescenza, parleremo di amore e odio nelle relazioni, di fragilità psichica ma anche di felicità e resilienza. Un viaggio nella nostra vita e nelle nostre emozioni attraverso il cinema.

E allora…partiamo!

Bullismo e Cyberbullismo, ce ne parla “Disconnect”

Disconnect” è un film drammatico di Henry-Alex Rubin del 2012 che, con sguardo attento e critico, offre spunti di riflessione importanti sul tema dell’invasione della tecnologia virtuale nella vita reale.

I protagonisti e le loro storie si incontrano e si intrecciano in una trama che si costruisce sul virtuale ma le cui conseguenze sono tutte tragicamente reali, sia che si tratti di bullismo online, di una carta di credito clonata o di ragazzi che vendono il loro corpo di fronte ad una webcam. Dice Andrew Stern, scenografo di “Disconnect”: “Nel film ho incrociato varie storie che raccontano come la tecnologia che ci unisce in rete, può molto spesso scollegarci nella e dalla vita di tutti i giorni.
Disconnect parla del bisogno di comunicare che tutti hanno, che lo si faccia tramite un computer, uno smartphone o semplicemente in maniera diretta con la persona che si ha di fronte: poiché moltissime persone hanno scelto di vivere principalmente online (scambiandosi messaggi, tweet ed e-mail) la comunicazione e la reale interazione umana sono diventate sempre meno importanti e frequenti. Questo è il tema del film.” 

Il film ci presenta le problematiche della società moderna,  ci parla di solitudine, di vulnerabilità, di relazioni, di comunità…di speranza.

Ben è uno dei protagonisti. La sua storia ci porta dentro il tema del Cyberbullismo e il regista rappresenta in maniera così reale la vita dei tre adolescenti da attivare nello spettatore sentimenti tanto di dolore e rabbia, quanto di compassione e speranza. Ben mostra tutte le difficoltà e l’imbarazzo di chi, vittima di cyberbullismo, non riesce a chiedere aiuto; i due ragazzi cyberbulli non sono dipinti in maniera stereotipata, non sono i cattivi senz’anima ma adolescenti che vivono paradossalmente le stesse insicurezze della loro vittima; ragazzi che non si rendono conto di ciò che stanno davvero facendo, fino a quando le conseguenze del loro gesto non si presentano a chiedere il conto. 

L’adolescenza rappresenta una fase di passaggio critica ma bellissima. I ragazzi sentono forte la spinta verso l’esplorazione e la scoperta, verso la ricerca di nuove esperienze. 

Questa esplorazione spesso li mette in crisi, non si sentono adeguati, non si sentono riconosciuti e reagiscono male alle frustrazioni. E tutto questo è normale, anche se a noi genitori preoccupa un po’.

Le personalità più fragili possono però essere prese di mira per il bisogno, anch’esso tipico di questa età, di emergere, di farsi notare, di sperimentarsi in una relazione di potere. 

Nell’era dei social e dei selfie, tutto pare amplificato e i genitori hanno la sensazione sempre più tangibile di perdere ogni forma di controllo e sostegno sui propri figli, fanno fatica a seguire i loro tumulti e a comprendere i loro bisogni, che oscillano fra esigenza di allontanamento e richiesta di accudimento. Musi lunghi, occhiatacce e risposte lapidarie diventano, piano piano, quasi la norma e i tentativi di dialogare rimbalzano contro un muro di silenzio, dietro il quale i ragazzi tendono a rifugiarsi.

“In una società ipertecnologica, in cui le possibilità di connessione sono costanti, gli adolescenti sono abituati ad utilizzare le nuove tecnologie fin da bambini per giocare, comunicare, tenersi aggiornati, imparare, fare acquisti. “Always on”: per relazionarsi con gli amici, esprimersi e comunicare, condividere opinioni, foto e video, a tal punto che spesso i ragazzi sacrificano le ore di sonno per rimanere connessi nella penombra della stanza in piena notte. 

Le nuove tecnologie hanno infatti rivoluzionato linguaggi e comportamenti dei giovani, influenzando di conseguenza le relazioni interpersonali, al punto che spesso la dimensione online ha la stessa valenza di quella reale o si affianca ad essa in modo complementare. 

Bambini e adolescenti passano molto tempo ogni giorno online, come dimostrano sia ricerche internazionali, che nazionali: per questo episodi di cyberbullismo in particolare tra preadolescenti ed adolescenti sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni.

Il cyberbullismo si può definire come l’uso delle nuove tecnologie per minacciare, intimidire, mettere a disagio ed escludere altre persone, spesso percepite come più deboli. In tale fenomeno, le prepotenze (attuate in modo intenzionale e ripetuto) hanno la capacità di propagarsi all’istante, con un assenza di limiti spazio-temporali. Il termine definisce un comportamento intenzionale e ripetuto nel tempo. Le prevaricazioni possono essere messe in atto da un singolo o dal gruppo e spesso ciò avviene sotto gli occhi di un vasto pubblico di spettatori. La vittima ha la sensazione di poter essere raggiunta dovunque si trovi, senza distinzione tra pubblico e privato, tra giorno e notte.

Da una ricerca europea sul bullismo e la sua incidenza, svolta nell’ambito dell’ Europe Europe Anti Anti-Bullying Bullying Project Project (2013), su un campione di ragazzi provenienti da 6 Paesi EU, e svolta in Italia da Telefono Azzurro, su un campione rappresentativo a livello nazionale, composto da 5042 studenti (età 12-18 anni), che frequentavano diverse scuole secondarie di I e II grado – riporta che il 15,9% dei ragazzi italiani è vittima di bullismo online o offline.” 

(Dal Dossier del Telefono Azzurro sul Cyberbullismo).

Il rischio per i giovani e i giovanissimi di essere vittima o spettatore di atti di bullismo è quindi elevato e purtroppo, oggi più di ieri, può capitare, dall’altra parte, di scoprire che i propri figli agiscano come non avremmo mai immaginato. La differenze fra bullismo e cyberbullismo è proprio questa. Nelle chat o su altri social diviene facile spingersi un po’ oltre e essere complici di qualche “scherzo” che colpisce chi ne è vittima più di quanto non si sia pensato. 

Per questo motivo è importante che parliate di questi temi con i vostri figli, che li teniate un po’ d’occhio ma soprattutto è fondamentale che loro comprendano bene la differenza che corre fra “scherzo” e atto di bullismo.

Quali sono le domande giuste e quelle da evitare?

Quanto è opportuno insistere nel voler sapere?

Quale è il confine fra il rispetto della loro privacy e il vostro obbligo a vigilare su di loro?

E cosa c’è dietro il loro silenzio o dietro un comportamento che vi appare eccessivo?

Il mondo dell’adulto codifica il silenzio come una cosa negativa. In realtà quel silenzio è fondamentale ai ragazzi/e per la costruzione della propria identità e anche per riflettere su ciò che li circonda e li coinvolge. Lo stesso vale per l’umore e per gli agìti tipici di questa età; diciamo che gli ormoni la fanno da padrone e che lo sviluppo delle aree cerebrali deputate alla riflessione ancora non si è concluso.

Purtroppo però dietro quel silenzio, dietro quell’isolarsi può celarsi una difficoltà, un bisogno e un’esperienza di umiliazione o un senso di colpa, che non si riesce a condividere con i propri genitori per vergogna o per timore.

E allora potreste vedere Disconnect insieme e parlarne un po’… 

Stabilite con i vostri figli limiti, libertà e regole; sappiate rispettare i loro spazi e i loro segreti ma ricordatevi che crescere per tappe e per conquiste e con l’occhio vigile del genitore, è fondamentale. Forse ai nostri figli ultimamente abbiamo dato in abbondanza e concesso troppo, anticipando ogni tanto i tempi”.

EMANUELA EBOLI

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