Ragazze morte in Erasmus in Spagna: il processo si farà

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Ci sarà un processo per la strage delle 13 studentesse universitarie (di cui 7 italiane), in Spagna per il programma Erasmus, morte su un pullman tre anni e mezzo fa nell’autostrada tra Valencia e Barcellona.

Ieri è arrivata la notizia dalla Spagna che dopo due archiviazioni è stato accolto il ricorso presentato davanti alla Corte di Tarragona dai genitori delle ragazze e dallo stesso pubblico ministero.

“Abbiamo ricevuto una mail stringata in spagnolo – conferma Gabriele Maestrini, padre di Elena, una delle ragazze morte nella strage in un’intervista al Corriere Fiorentinoche ci dice solo che è stato accolto il ricorso. Non abbiamo altre notizie“.

I genitori delle ragazze morte nell’incidente in Spagna non si sono mai arresi e in tutto questo tempo hanno lottato per ottenere giustizia. “Non vogliamo vendetta – spiega Gabriele Maestriniil nostro unico obiettivo è quello di fare in modo che una tragedia del genere non accada mai più. Nostra figlia non ce la restituirà nessuno, quello che possiamo fare è cercare di fare emergere quelle criticità che hanno portato alla tragedia“.

Il 20 marzo 2016 nell’autostrada A7 spagnola un autobus con a bordo 57 studenti Erasmus di ritorno da Valencia si schiantò contro il guardrail. Quel giorno persero la vita 13 studentesse tra i 18 e i 25 anni, tra cui sette italiane. Tra loro c’erano tre toscane: Elena Maestrini di Bagno di Gavorrano, Valentina Gallo di Firenze (aveva studiato al Calamandrei di Sesto Fiorentino, ndr) e Lucrezia Borghi di Greve in Chianti. L’unico indagato per la strage è l’autista del bus di 62 anni ma i genitori ritengono che le responsabilità vadano ricercate anche altrove: troppe lacune in termini di sicurezza anche nell’organizzazione di quel viaggio.

Alla prima archiviazione – ricorda Maestrini sempre con il Corriere Fiorentino si arrivò senza che il magistrato interrogasse l’autista. Ci siamo opposti ed è stata aperta una nuova istruttoria. L’autista venne interrogato ma diede la colpa al sistema frenante dell’autobus, quando invece la ricostruzione della polizia catalana aveva escluso qualsiasi problema ai freni. Arrivò così la seconda archiviazione alla quale ci siamo opposti nuovamente. È vergognoso – prosegue il papà di Elena – che sia passato tutto questo tempo, 43 mesi solo per arrivare a dire che ci sarà un processo. A queste conclusioni si poteva arrivare molto prima, visto che non è intervenuto niente di nuovo nell’inchiesta”.

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