29 gennaio 1360 – Muore la beata Villana

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Firenze 365

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

 

29 gennaio 1360 – Muore la beata Villana

Nel 1451 Bernardo di Matteo Gamberelli noto come il Rossellino realizzò, nella navata sinistra della basilica di Santa Maria Novella, la tomba della Beata Villana. A commissionare l’opera era stato Iacopo Benintendi il nipote di questa bella e procace fiorentina nata nel 1332. Villana era figlia di Messer Lapo delle Botti un ricco mercante che nel 1351 l’aveva data in sposa a Rosso di Pietro Benintendi al quale procurò non pochi grattacapi a causa dei comportamenti non proprio irreprensibili. Villana aveva vissuto sulla sua pelle tutte le sciagure che si abbatterono su Firenze negli anni della sua giovinezza: l’alluvione del 1333, il fallimento dei Bardi e dei Peruzzi del 1343 e la conseguente crisi economica, lo sfaldamento del quadro politico determinato dalla dittatura del Duca d’Atene, e infine la terribile peste nera che, nel 1348, si era portata via circa centomila fiorentini.

Reduci da questa sequela di eventi negativi molti dei pochi sopravvissuti si erano lasciati andare ai piaceri della vita. Villana, in particolare, conduceva una vita dissipata, amava vivere nel lusso ed era molto vanitosa. Si dice che passasse molte ore davanti allo specchio e che facesse di tutto per apparire bella e desiderabile. Un giorno però, invece delle sue gentili fattezze, nello specchio vide riflesso il volto del demonio. Villana interpretò il fatto come segno accusatorio inequivocabile del suo vivere nel peccato. Folgorata da tale visione, si tolse gli abiti eleganti, rinunciò alla vita mondana e si fece terziaria dell’Ordine di San Domenico. Da allora, pur non dimenticando i doveri di moglie e di madre iniziò a prendersi cura dei poveri e degli infermi e dedicò loro gli anni che la separarono dalla morte. Si ammalò gravemente quando non aveva ancora trent’anni, ma accettò la malattia come necessaria espiazione per la sua vita dissoluta.

Tanto mi immergo nella meditazione di Cristo crocefisso
che non v’è dolore così grande da non risultarmi ameno   (Villana de’ Botti)

Ormai prossima alla morte chiese di essere vestita con l’abito del Terz’Ordine della Penitenza di San Domenico (i laici che supportavano l’attività dei frati) e di essere sepolta in Santa Maria Novella. Morì il 29 gennaio 1360 mentre gli veniva letta la Passione

Et inclinato capite emisit spiritum

Fu sepolta solo un mese dopo perché la sua bara fu letteralmente assediata dai fiorentini che ne avevano apprezzato l’opera.
Il 27 marzo 1824 Villana de’ Botti è stata beatificata da Papa Leone XII.

Daniele Niccoli

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