Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
30 maggio 1957 – Finale di Coppa dei Campioni Real Madrid – Fiorentina
In seguito ad una diatriba giornalistica tra la stampa francese e quella britannica che continuava a considerare i propri club come i migliori del mondo, il quotidiano sportivo l’Equipe, nel 1955, promosse la disputa di una nuova competizione che raggruppasse tutti i migliori club del continente. Affinché il progetto non prendesse forma in maniera privata, la FIFA impose all’UEFA di organizzare la nuova competizione. Nacque così la Coppa dei Campioni.
Alla prima competizione parteciparono una serie di squadre indicate dal quotidiano francese e che non erano necessariamente le vincitrici dei rispettivi campionati nazionali. Gli inglesi decisero comunque di rinunciare. La nuova Coppa non era all’altezza del loro blasone. Per l’Italia partecipò il Milan, vincitore dello scudetto l’anno precedente.
La regola dei campioni nazionali fu adottata solo a partire dall’edizione 1956-57. A rappresentare l’Italia questa volta fu la Fiorentina di Fulvio Bernardini che si liberò prima del Norrkoeping (anche grazie alla partita di ritorno giocata a Roma invece che in una Svezia coperta di neve), poi del Grasshoppers e infine della Stella Rossa. Approdò quindi in finale con il Real Madrid che godeva dell’indiscutibile vantaggio di giocare in casa. La finale si disputò allo stadio Chamartin davanti a 125.000 tifosi madridisti.
La squadra castigliana annoverava tra le proprie fila autentici campioni quali il capitano Miguel Munoz, Hector Rial, Francisco Gento, Raymond Kopa e, soprattutto, l’indiscusso fuoriclasse Alberto Di Stefano. I viola invece erano privi del capitano Chiappella, infortunatosi in Nazionale, e dell’ala sinistra Prini, tatticamente fondamentale. Il capitano fu sostituito da Aldo Scaramucci da Montevarchi. A lui toccò l’ingrato compito di marcare Alfredo Di Stefano.
Nella sua recensione per il Calcio Illustrato, Vittorio Pozzo, due volte campione del mondo come allenatore, scrisse che “si era ottimamente portato”. Il risultato della partita rimase inchiodato sullo zero a zero fino al 69’ quando Mateos lanciato verso la porta fu atterrato da Magnini al limite dell’area di rigore.
Con i regolamenti di oggi sarebbe stata punizione dal limite ed espulsione del giocatore viola. All’epoca, solo punizione. Il tuffo in area del giocatore delle merengues però “ingannò” l’arbitro Leopold Sylvain Horn che concesse il rigore poi trasformato da Di Stefano.
La Fiorentina si produsse allora in un arrembaggio finale, ma in contropiede i madridisti trovarono il gol del raddoppio con Gento e si aggiudicarono la seconda Coppa dei Campioni.
Non ce l’ha fatta la Fiorentina, ma uscire dal campo,
seppur battuta, a testa così alta è segno sicuro di nobiltà (Angelo Rovelli)
Daniele Niccoli
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