Il ricorso vinto dai due Comuni, Pistoia e Serravalle Pistoiese, per i “costi del non fare” il termovalorizzatore di Selvapiana, dà lo spunto per rilanciare un tema, a me caro, di cui spesso si parla ma del quale non si percepisce fino in fondo la reale portata. Personalmente ho sempre contestato il fatto che le opere pubbliche, programmate, ma non realizzate siano un costo sociale importante ed iniquo che ricade su tutti indistintamente. In pochi decidono, ma tutti ne pagano i costi.
La legge è chiara, se la revoca del provvedimento comporta pregiudizi in danno dei soggetti interessati (in questo caso le aziende che hanno in appalto i lavori), l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. Il caso del termovalorizzatore di Selvapiana è clamoroso, perché la decisione di non farlo ha avuto un costo e si voleva riversare questo costo su tutti i comuni dell’Ato. Un paio di Comuni si sono opposti, hanno deciso di non pagare.
L’Ato ha fatto ricorso al Tar, ma questo invece di obbligare i due Comuni a compartecipare al costo, l’ha rigettato rimandandolo al giudice Ordinario – fa notare il Consigliere Paolo Marcheschi (Fdi) – Essendo la programmazione dei rifiuti, una questione di competenza regionale, se la decisione di non fare qualcosa è regionale, allora perché le penali, ossia una parte dei costi del non fare, le devono pagare i Comuni anche se non hanno alcuna responsabilità nel non averlo fatto?
QThermo, società quotata in Borsa, (impresa che è al 60% di Alia e al 40% di Hera) per il termovalorizzatore di Case Passerini ha calcolato un indennizzo tra i 12 e i 20 milioni di euro (“Nel momento in cui il termovalorizzatore viene tolto dal piano rifiuti regionale, siamo costretti a calcolare l’indennizzo conseguente, abbiamo eseguito disposizioni politiche e amministrative” ha dichiarato nel luglio scorso il Presidente di Qthermo Giorgio Moretti). Noi chiederemo che questi milioni non vengano spalmati tra tutti i Comuni dell’Ato Centro, ma che vengano addebitati a quei Comuni (come Sesto Fiorentino e Campi Bisenzio) che hanno fatto opposizione affinché l’opera non si realizzasse.
Quei comuni che avrebbero dovuto realizzare quelle opere compensative (i cosiddetti “boschetti della Piana”) che erano il presupposto per la costruzione dell’impianto e che hanno motivato la bocciatura del Consiglio di Stato. In sostanza – prosegue Marcheschi – le responsabilità politiche del non fare non possono ricadere indistintamente su tutti i cittadini. Per di più ci sono comuni toscani che hanno una percentuale di raccolta differenziata molto alta ed altri che hanno impianti (leggasi discariche) già funzionali a tutto il ciclo dell’Ato e che pagano già un costo ambientale importante”.
Ufficio stampa di Paolo Marcheschi