Quindi ci siamo. Il tanto atteso 4 maggio è arrivato. È il D-Day. Oggi scatta la famosa fase 2, quella della convivenza con il Coronavirus. Torneranno al lavoro circa quattro milioni e mezzo di persone. Il Paese si rimette, pian pianino, in moto, con la consapevolezza che superare questa crisi economica sarà difficile, forse impossibile. Due mesi di lockdown, d’altronde, non sono stati uno scherzo (anche a livello psicologico). Stare in casa, però, era l’unico modo per abbassare i numeri dei contagi. Ci siamo riusciti con caparbietà, forza di volontà e sacrifici, nonostante qualcuno continui a sostenere che il Covid-19 non esista.
Ora, come scritto all’inizio, entriamo in una nuova fase. Per molti sarà una giornata importante, cerchiata in rosso sul calendario da settimane. Tanti torneranno a una parvenza di normalità, sapendo però che per la vera normalità bisognerà aspettare il vaccino. A proposito: dove sono adesso i no vax? Alcuni sostengono che possa essere pronto in autunno. Sono scettico, ma io non sono scienziato, quindi spero di sbagliarmi.
Ma torniamo al tema lavoro. È destinato a cambiare. Le regole da rispettare, ormai, le conosciamo bene: indossare i dispositivi di protezione, mantenere la distanza di sicurezza ed evitare assembramenti. Serviranno ancora di più attenzione, maturità, collaborazione e senso di responsabilità. Inutile girarci intorno: il rischio che la curva epidemiologica risalga c’è, eccome. A fine maggio-inizio giugno vedremo quale sarà la situazione dei contagi. Dobbiamo convivere col virus, ma non farci prendere in contropiede. Sarebbe intollerabile. Come ha scritto Giuseppe Conte su Facebook: “Non sperperiamo quello che abbiamo faticosamente guadagnato in cinquanta giorni“. Se i numeri dovessero risalire, il Paese si fermerebbe nuovamente. Sarebbe una tragedia sanitaria, economica e sociale. Dipende tutto da noi.
STEFANO NICCOLI