La Piana fiorentina sta affrontando un periodo di difficoltà economica, con una perdita di quasi un punto percentuale nel numero di imprese attive, oggi diminuite a 11.269. Questo dato riflette una performance peggiore rispetto alla media della Metrocittà di Firenze, dove la diminuzione è stata invece dello 0,4%.
L’artigianato (4.297 imprese attive, il 38% di tutte quelle della Piana), in linea con la media provinciale, ha subito un calo dello 0,8%. L’imprenditoria straniera rappresenta invece un punto di forza con 3.293 imprese che rappresentano il 29% del totale, una percentuale che è quasi 10 punti superiore alla media metropolitana. Le imprese giovanili e femminili si attestano rispettivamente al 6,7% e al 22% del totale dell’area, dati paragonabili a quelli medi metropolitani.
Il settore commerciale rimane il più robusto, rappresentando il 25% delle attività, seguito dal manifatturiero (24%), costruzioni (16%) e servizi (8%). Sesto Fiorentino è il comune con il maggior numero di imprese (4.354, pari al 39% del totale), seguito da Campi Bisenzio (30%), Calenzano (16%) e Signa (15%).
Questi dati, elaborati da CNA Piana Fiorentina sulla base delle informazioni fornite dalla Camera di Commercio di Firenze per il primo trimestre del 2024, offrono una fotografia chiara delle difficoltà attuali.
“Si tratta di un primissimo bilancio che potrebbe però aggravarsi” avverte Paolo Gianassi, coordinatore di CNA Piana Fiorentina, sottolineando come il rapporto non consideri completamente gli effetti devastanti dell’alluvione di novembre e la crisi che sta colpendo duramente il settore della pelletteria, un pilastro economico dell’area.
“Dobbiamo continuare a supportare in particolare il settore artigianale che necessita di ulteriori sostegni per superare le sfide attuali – prosegue Gianassi – È urgente una revisione della Legge Quadro sull’artigianato, datata 1985, che non riflette più la complessità e la diversità delle realtà del settore artigianale. Per esempio, aggiornando i limiti dimensionali sui dipendenti, proteggendo la denominazione ‘artigiano’ e includendo nuovi mestieri nel comparto. Dobbiamo inoltre rivedere l’autonomia concessa dalla legge alle Regioni, che in questi anni ha finito spesso per creare disparità territoriali e aumentato la burocrazia, danneggiando sia le aziende che i consumatori”.
Quanto all’imprenditoria straniera, che con il 29% di tutte le imprese indica una vitalità imprenditoriale significativa, Gianassi ritiene che “occorre riconoscere e valorizzare questa risorsa, integrandola pienamente nelle strategie di sviluppo economico regionale. Si tratta di una quota di imprese collegabile alla salda motivazione personale di molti stranieri che, spesso, aprono un’attività dopo esperienze maturate come dipendenti. Un’occasione di benessere ed un ascensore sociale per le famiglie di provenienza, ma anche un fattore di coesione per la società nel suo insieme. Una propensione imprenditoriale che è diffusa ma poco valorizzata benché, se opportunamente accompagnata da politiche adeguate, potrebbe innescare una spinta imprenditoriale importante per stabilità, coesione, crescita e occupazione”.