E’ lungo 2700 km e alto tra i due e i tre metri. E stato costruito dal Marocco a partire dai primi anni Ottanta in seguito all’occupazione del Sahara Occidentale e all’allontanamento di una parte del popolo Saharawi che da secoli lo abitava. Come tutti i muri anche questo è nato per dividere. E lo fa tenacemente da quarant’anni grazie a 185mila soldati marocchini che lo presidiano, al filo spinato e a 5mila mine terrestri anti-uomo e anti-carro.
Lo fa soprattutto grazie alla compiacenza dei ricchi e dei forti che, novelli Robinson Crusoe, non hanno esitato a tirar su la palizzata e a difenderla. Come ha ricordato Corradino Mineo durante la presentazione del film“ Il Muro – La ferita del Sahara” di Fiorella Bendoni e Gilberto Mastromatteo, i muri non difendono i popoli, ma gli interessi dei più ricchi.
Ed enormi devono essere gli interessi se si mantiene in piedi un muro così costoso.
Sì perché quel muro costa al Marocco circa 4 milioni di dollari al giorno. Una cifra che è garantita dalle generose donazioni della monarchia Saudita, dallo sfruttamento delle risorse del territorio Saharawi ma anche dai soldi che l’Unione Europea affida al Marocco per combattere l’emigrazione. Sì, anche quelli vanno a finire in quel muro che divide da quarant’anni i genitori dai figli e i fratelli dalle sorelle.
Un muro che non presenta crepe
– perché le Nazioni Unite non sono riuscite, dal ’91 ad oggi, a garantire lo svolgimento di un referendum per l’autodeterminazione.
– perché la Francia, con il diritto di veto al Consiglio di Sicurezza, impedisce all’ONU di imporre al Marocco il rispetto delle risoluzioni internazionali.
– perché è cresciuto e si mantiene grazie all’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale.
– perché nessuna nazione europea riconosce la Repubblica Democratica del Saharawi.
– perché quel muro si nutre dell’oblio in cui lo lasciamo.
Il popolo Saharawi – come ha detto Omar Mih, ambasciatore in Italia – non fa notizia perché non è costituito da fondamentalisti o da terroristi; perché ha deciso di deporre le armi contro il Marocco e affidarsi alla diplomazia internazionale che però ci ha ripagati con 40 anni di promesse (per ora) non mantenute.
Intanto, nell’indifferenza generale, nei territori occupati vengono continuamente violati i diritti umani e l’Italia continua a essere una delle principali nazioni produttrici di mine anti-uomo.
Omar Mih, indignato per questa annosa situazione di stallo internazionale, ha concluso il suo intervento ringraziando Sesto Fiorentino:
“Porteremo sempre nel cuore Sesto Fiorentino perché è stato il primo comune cha stipulato un patto di gemellaggio con il popolo Saharawi, il primo che ha deciso di ospitare i nostri bambini, il primo che ha organizzato carovane di solidarietà. In questa nostra strada pacifica continuiamo a contare sul vostro sostegno”.
DANIELE NICCOLI
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