Per altre vie – “Anche libero va bene”: il dolore dei bambini nel conflitto genitoriale

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Anche libero va bene

Torna l’appuntamento con la rubrica settimanale “Per altre vie” dedicata alla psicologia e curata da Emanuela Eboli. Se questi giorni ti stanno mettendo a dura prova, se hai bisogno di qualche piccolo consiglio per alleggerire e rendere più serene le giornate e il rapporto con i tuoi figli o se vuoi offrire una tua riflessione, la tua esperienza perché possa essere di aiuto a chi ci legge puoi scrivere a [email protected]. Gli articoli saranno pubblicati tutti i mercoledì.

Te lo dico con un film: terzo appuntamento

Ultimo appuntamento, prima della pausa estiva, con  “Te lo dico con un film”. Oggi parliamo di separazione ma questa volta a raccontarcela è un bambino, Tommaso, nel film “Anche libero va bene”.

«Spesso i genitori caricano i figli di una missione esistenziale il cui peso li condizionerà per sempre. 

I bambini ci guardano e ci giudicano; basterebbe riuscire a guardare l’età adulta con gli occhi dell’infanzia per accorgersene e capire che, mentre i grandi compiono errori macroscopici, minimizzandoli, i piccoli sanno invece coglierne tutta la portata … e in modo disarmante» – Kim Rossi Stuart.

Anche libero va bene” è un film del 2006 di Kim Rossi Stuart. Oltre ad esserne regista, Kim Rossi Stuart ne è anche sceneggiatore e attore coprotagonista, rivestendo i panni di Renato.

“Renato è padre di due ragazzi, Viola e Tommaso; i tre vivono da soli da quando Stefania, la madre, se n’è andata. Il ménage familiare a volte è burrascoso, dato il carattere suscettibile e iroso di Renato ma nella piccola famiglia regna, tutto sommato, una buona armonia. Uno dei pochi motivi di scontro tra Tommaso e il padre è lo sport: Tommy adora il calcio, ma il padre preferisce che faccia nuoto e incoraggia il figlio a impegnarsi in questo sport, dati anche i buoni risultati che ottiene. Il ragazzo, seppur controvoglia, si adegua. 

Un giorno, Stefania torna a casa. Viola e Tommaso assistono impietriti alla violenza con cui Renato la accoglie; ma poi la donna è riammessa in famiglia. Stefania sembra volersi riappropriare del ruolo materno e coccola i figli, portandoli al luna park nelle ore di scuola e alle mostre di pittura. Viola si abbandona totalmente alla felicità per la presenza della madre; Tommaso è più restio, consapevole della fragilità della donna. E infatti, un giorno, Stefania se ne va di nuovo. La situazione precipita. Renato ha sempre più difficoltà a trovare lavoro e a pagare i debiti, dato anche il suo carattere orgoglioso e testardo, ed è sempre più aggressivo e scostante con i figli. Mentre Viola cerca di mantenere vivo il rapporto col padre, Tommy trova rifugio nella famiglia di un amico, che appare serena e unita e che lo accoglie volentieri. Durante la gara finale di nuoto, Tommy si ferma a metà nonostante sia il favorito, deludendo profondamente Renato che poi, durante un litigio, lo caccia di casa. Il bambino si rifugia dalla famiglia dell’amico ma, durante la notte, torna a casa e si riappacifica col padre che, la mattina dopo, promette di iscriverlo a un corso di calcio. Qualsiasi ruolo per Tommy va bene: anche libero. Poche ore dopo, a scuola, la madre fa recapitare al figlio una foto che li ritrae insieme: e il bambino, finalmente, piange.” 

Solitamente il cinema propone il tema della separazione partendo da una rappresentazione stereotipata e seriale della famiglia.

Anche libero va bene” si presenta invece come film-verità e racconta una storia alla quale siamo meno abituati, dove è un padre a prendersi cura dei suoi figli; racconta una famiglia con i suoi giorni sereni e i suoi giorni dolenti, una famiglia contemporanea composta da persone complesse, contraddittorie, mai solo positive o negative, persone nella perenne instabilità che la vita comporta.

Anche libero va bene” è un film che parla di separazione, di conflitti e di genitorialità; è un film sull’infanzia, sul mondo visto dalla mente di un bambino, dai suoi occhi, dal suo sentire. Kim Rossi Stuart, con la sua pellicola, riesce a farci immedesimare con tutti i protagonisti del film: ci possiamo riconoscere nel bambino fiducioso, innocente, accolto o ferito dal comportamento dei grandi e, nello stesso tempo, nella fatica degli adulti, nel dover essere tali agli occhi dei figli. 

Lo spettatore empatizza totalmente col dolore dei bambini e sperimenta sentimenti ambigui e contraddittori nei confronti dei suoi genitori.

lo sguardo di Tommaso è infatti una telecamera puntata sul mondo dei grandi, un mondo pieno di contraddizioni: a volte i grandi sono responsabili e accudenti, altre volte terribili, imprevedibili, fragili, deboli, ingiusti. 

Anche libero va beneè un film che tutti dovrebbero guardare. Ci dice tanto su quello che gli adulti non riescono più a vedere, a prescindere che siano separati o meno.

Chiusi come siamo nel nostro mondo, a volte infatti mostriamo un’estrema difficoltà a metterci nei panni dei bambini, che vivono e osservano il mondo con occhi e bisogni diversi dai nostri.

Con la separazione, quando questa è conflittuale, tutto si complica: se un genitore o entrambi i genitori covano sentimenti di delusione, rabbia e risentimento verso l’altro, non riescono a vedere oltre le proprie emozioni e i propri turbamenti. 

Nel conflitto di coppia i genitori infatti focalizzano tutta l’attenzione su di loro e i figli rimangono sullo sfondo della scena, quasi invisibili. La separazione coniugale si trasforma così in una separazione genitoriale. 

Non solo i figli di queste coppie non vengono visti nelle loro esigenze di crescita ma diventano spesso arma di ricatto reciproco. Il clima conflittuale e soffocante che  padre e madre possono creare, e nel quale il bambino si sente prigioniero, non permette al minore di esprimere liberamente le proprie emozioni e il proprio affetto, ora all’uno, ora all’altro genitore. I figli, posti al centro della lotta degli adulti di riferimento, si sentono in obbligo di scegliere un genitore a discapito dell’altro, con conseguenti sensi di colpa e sentimenti di perdita e abbandono.

L’intensa conflittualità genitoriale infatti provoca nel bambino ansie abbandoniche e angosce depressive, a cui egli risponde in modo difensivo tramite vari meccanismi, tra cui anche la proiezione e la scissione. Il genitore interno pertanto, viene scisso in totalmente buono e in totalmente cattivo, e il bambino, nel bisogno estremo di coerenza e stabilità, si polarizza a difesa del “prescelto” nella speranza che almeno lui non lo abbandoni mai.

L’agire del bambino è poi sollecitato dalle richieste, più o meno esplicite, di padre e madre: i genitori in conflitto tendono infatti a cercare sostegno e comprensione nei loro figli, si cerca un alleato che stia dalla propria parte.

Quando i figli sono adolescenti o preadolescenti, come nel film “Anche libero va bene”, il rischio ulteriore per loro è quello di essere caricati di responsabilità, di essere coinvolti nelle dinamiche conflittuali, chiamati spesso a testimoniare per l’uno o per l’altro genitore. Nel nostro lavoro vediamo infatti bambini, ragazzi, spesso adultizzati che, nel tentativo di “prendersi cura” del genitore “scelto” o di quello più “debole”, se non addirittura, alternativamente, di entrambi i genitori, sono soffocati da ansia, bisogno di riparazione, senso di inadeguatezza…sensi di colpa.

Nel film, Tommy ci mette in contatto in maniera profonda con questi sentimenti, tanto da poter sentire tutto il suo dolore.

Renato e Stefania coinvolgono i due figli nelle loro dinamiche. In particolare Renato, il genitore tradito e abbandonato ripetutamente, chiede loro una scelta affettiva, un’alleanza totale, come fosse l’unico valore della sua esistenza. Chiede ai figli di essere loro i giudici del comportamento della madre, di punirla o perdonarla. Un’immagine, quella di Renato, estremamente confusa, turbata, accecata dal dolore, che però, ad un certo punto, torna a vedere, prendendo finalmente consapevolezza della sofferenza di Viola e Tommaso.

Lo psicologo che lavora con i genitori separati, ove possibile, deve sempre accompagnare padre e madre a raggiungere questa consapevolezza. 

Perché si attui il percorso di consapevolezza e di cambiamento, la prima cosa da fare è ammettere che tutto questo è possibile: quando le situazioni sono complesse, è infatti umano perdere di vista le conseguenze dei propri comportamenti sui figli.  Se poi ci sentiamo soli è facile che lo scoraggiamento, la frustrazione, possano prendere il sopravvento. 

La cosa fondamentale è quindi imparare a distinguere le problematiche che riguardano la “ex-coppia” da ciò che ha a che fare con la genitorialità: delusione, tradimento, gelosia, disillusione, abbandono, competizione, vendetta, punizione … infatti, non appartengono o non dovrebbero appartenere mai alle dinamiche che coinvolgono la coppia genitoriale nei compiti di accudimento e cura dei propri figli. 

 

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