Il 30 maggio scorso pubblicammo la lettera di una nostra lettrice relativa alla vicenda di una giovane calciatrice che nel 2010 è stata vittima di un episodio di violenza all’interno di ambulatorio di medicina sportiva. All’epoca era stata lanciata una petizione contro il medico.
Oggi riceviamo e volentieri pubblichiamo questa lettera a firma di Maria Guarducci e Giovanna Gori:
“Abbiamo raggiunto già ventiseimilamila firme e il contatore continua a salire, inarrestabile. Ventiseimila. Un numero impressionante. Un numero inimmaginabile quando abbiamo deciso di lanciare la petizione su change.org per chiedere all’Ordine dei Medici di Prato, agli Studi Medici Life, al servizio di medicina dello sport che ospitano e a tutti i soggetti preposti di attivarsi affinché il medico condannato per violenza sessuale smetta quanto prima di visitare.
Un numero che certifica, qualora ce ne fosse ancora bisogno, la necessità diffusa di mettere in atto tutte le azioni necessarie per tutelare la dignità e l’integrità delle donne, in ogni luogo e in ogni contesto. Una necessità che si amplifica a dismisura, se il contesto in cui la violenza accade dovrebbe invece garantire protezione e sicurezza: in uno studio medico ad esempio, dove la persona si affida completamente al professionista perché ne riconosce l’autorevolezza e di conseguenza abbassa ogni difesa.
Una necessità che diventa irrinunciabile e improcrastinabile in questo momento storico, in cui la violenza sulle donne rappresenta una piaga sociale gravissima, da combattere con ogni mezzo e in ogni modo. La cronaca drammatica degli ultimi giorni lo dimostra.
A Prato, invece, negli Studi Medici Life continua – nonostante i nostri appelli – ad esercitare un medico dello sport condannato a 10 mesi di reclusione in via definitiva per violenza sessuale nei confronti di una giovane calciatrice che si era rivolta a lui per avere il rilascio del certificato di idoneità sportiva. La sentenza della Corte di Cassazione è dello scorso mese di marzo.
È indescrivibile e umiliante lo sconforto, l’amarezza e l’indignazione. Troviamo inaudito il fatto che una persona condannata definitivamente per un reato di questo tipo continui a visitare le donne di Prato. Com’è possibile?
Noi non ci stiamo. Per questo motivo, insieme ad altre VENTISEIMILApersone, chiediamo nuovamente all’Ordine dei Medici di Prato, agli Studi Medici Life e al relativo servizio di medicina dello sport che ospita, nonché a tutti i soggetti preposti, di attivarsi per porre fine a questa vicenda. Noi, dal canto nostro, non smetteremo di portare avanti questa battaglia, continuando a chiedere il supporto di chiunque senta la nostra stessa necessità di rispetto, sicurezza e dignità”.