La piazza gremita, i gonfaloni dei Comuni, le parole degli operai: tutto questo ieri per dire no alla chiusura dello stabilimento della Bekeart, perché ognuno di noi è Bekeart.
Possibile si unisce nell’abbraccio ai 318 operai ed alle loro famiglie.
Per noi che abbiamo sempre avuto a cuore i diritti, la vicenda che interessa decine di lavoratrici e lavoratori della Bekaert non può che vederci coinvolti in loro difesa. Non abbiamo dubbi a stare dalla parte dei diritti del lavoro, dei diritti che riguardano la dignità personale, che garantiscono o dovrebbero garantire il futuro di ognuno di noi, oggi il futuro di queste donne e questi uomini e delle loro famiglie.
La politica in questi casi ha un compito che non deve essere giudicante, ma oltremodo oneroso: trovare una soluzione che sappia rendere giustizia al mondo del lavoro, partendo anche dalle lotte.
Il passato di questo stabilimento è diventato patrimonio anche di coloro che non ne conoscevano la storia e, sempre con lo sguardo rivolto al futuro, di quel passato, anche in parte orgoglioso, dobbiamo recuperare la memoria della lotta, perché nessuno firmi la resa prima di aver combattuto.
In questo drammatico frangente, tuttavia, è più che mai necessario ribadire con forza che le scelte politiche di questi ultimi anni sono state scriteriate. Ancora una volta siamo chiamati ad una scelta di campo e a ricordare che questa partita si gioca avendo ben chiaro chi sta di qua e chi sta di là: hanno ragione coloro che dicono che non si deve fare sciacallaggio politico, hanno ragione perché chi sta da questa parte c’era anche quando gli stessi che oggi si stracciano le vesti brindavano alle progressive e magnifiche sorti del liberismo.
Bekaert è un simbolo di quello che accade quando si decide di mitigare le norme, quando si decide di flessiblilizzare i diritti, quando si decide di stare con “i più forti”.
Ma i “deboli” reagiscono e lo fanno in maniera dignitosa, come gli operai della Bekeart che, pur avendo visto calpestare la propria vita, hanno pensato prima al bene delle propria azienda e poi al proprio. Si sono organizzati per mantenere vivo il presidio permanente ed hanno ripreso la produzione. Per chi ha il compito di trovare delle soluzioni, le storie come quelle delle Bekeart dovranno essere fari sempre accesi, così come la nostra Costituzione dovrà esserne la bussola: è nel lavoro che il cittadino riconosce la propria dignità.
Corre l’obbligo di ringraziare FIOM, FIM e UILM perché nel tempo dei populismi, che disintermediano e parlano con spiccata leggerezza, la loro presenza contribuisce a ricreare quella coesione e quella solidarietà che sono necessarie perché lo spirito costituzionale possa essere esercitato nella sua pienezza.
“Smettiamo di avere paura del diverso, del migrante, dello straniero, del povero. Io ho paura di questi ricchissimi che in trenta minuti mi hanno chiuso lo stabilimento” Marcello Gostinelli, operaio Bekaert.
Possibile Piana Fiorentina