ll museo Ginori – scrive la Repubblica Firenze – verso il salvataggio. Verso un piano di rilancio, orchestrato da attori pubblici e privati, che potrebbe finalmente consentire la tanto agognata riapertura dello straordinario deposito di ceramiche antiche e moderne da trecento anni legato alla storica manifattura di Doccia, ma caduto vittima nel 2013 del fallimento dell’azienda e oggi chiuso, privo di manutenzione e in balia del degrado. Tutto è pronto; niente ufficializzato: si aspetta che a muovere la prima pedina sia il governo con l’annuncio, che il ministro Dario Franceschini conterebbe di dare proprio a Firenze giovedì, in occasione del G7 della Cultura, dell’acquisto del museo — valutato 7 milioni di euro — da parte dello Stato. Una volta comprato e messo in salvo, tuttavia, il percorso di rinascita potrà dirsi appena iniziato.
Prima di tutto, l’edificio andrà restaurato: per quanto di costruzione relativamente recente — la struttura attuale fu inaugurata nel 1965, su progetto di Pier Niccolò Berardi e Fabio Rossi — ha visto infatti le sue condizioni peggiorare inesorabilmente a causa della mancanza di manutenzione, e oggi necessita di importanti interventi infrastrutturali che mettano il suo prezioso contenuto al riparo della pioggia e delle muffe. Un recupero dai costi ancora indefiniti ma di cui potrebbe farsi carico la Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. A patto che — sarebbe l’orientamento dell’organizzazione — un ente terzo, pubblico o privato (o, perché no, misto), sia poi disposto a prenderne in mano la gestione. All’investimento dovrebbe insomma corrispondere un effettivo piano di valorizzazione, operazione sicuramente non banale dal momento che il museo, a dispetto della sua importanza, non brillava, in passato, per numero di visitatori: nell’ultimo anno di apertura, ne ha attirati un numero di poco superiore alle duemila unità.
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