13 febbraio 1068 – L’ordalia di Pietro Igneo

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Firenze 365

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

13 febbraio 1068 – L’ordalia di Pietro Igneo

Il venerdì santo del 1028, Giovanni Gualberto un giovane della famiglia dei Visdomini della Val di Pesa, si recò a Firenze con l’intenzione di uccidere chi, qualche giorno prima, aveva ammazzato suo fratello. Giovanni incontrò la vittima in prossimità di porta San Miniato. Secondo la leggenda l’uomo, disperato e predestinato alla morte, si accostò al muro e spalancò le braccia in segno di rassegnazione e di resa. Quel gesto istintivo gli salvò la vita perché ricordò a Gualberto il Cristo sulla croce e lo indusse a buttare la spada e a concedere il perdono.

Immediatamente dopo Gualberto si precipitò nella Chiesa di San Miniato, si gettò ai piedi del Crocefisso e decise di iniziare una nuova vita da monaco benedettino. Come frate s’impegno a combattere la simonia e per questo entrò in contrasto con il suo stesso abate, Uberto, e con il vescovo di Firenze, Atto.

I due notabili furono pubblicamente denunciati sulla piazza del Mercato vecchio determinando la reazione delle autorità e la precipitosa fuga du Gualberto. Si racconta, quasi fosse un thriller, che, in una notte buia e tempestosa, sarebbe giunto in località Acquabella dove avrebbe trovato riparo fra gli alberi della zona. Ciò gli apparve come un segnale divino e per questo decise di costruire in quel punto prima la sua modesta dimora e poi l’Abbazia di Vallombrosa culla del nuovo ordine monastico che avrebbe praticato una vita comunitaria in netta contrapposizione con le antiche comunità di frati eremiti.

L’obiettivo principale rimase quello di combattere chi acquistava o vendeva beni spirituali in cambio di denaro. Non mancarono le occasioni. L’episodio più clamoroso accadde nel 1061 quando un signore bresciano pagò all’Imperatore tremila ducati d’oro affinché suo figlio, Pietro Mezzabarba, fosse eletto Vescovo di Firenze.

La denuncia di Gualberto determinò la reazione del Vescovo che, forte del sostegno militare del Marchese Goffredo, fece assalire il monastero di San Salvi con l’intento, non riuscito, di sbarazzarsi dello stesso frate. Le fazioni rimasero in lotta fino al febbraio 1068 quando la cacciata di alcuni preti ostili al Mezzabarba dalla Chiesa di San Pier Celoro determinò la reazione del popolo che chiese fosse il giudizio di Dio, cioè l’ordalia, a stabilire se veramente Mezzabarba fosse simoniaco.

Il 13 febbraio 1068, di fronte al monastero di San Salvatore a Settimo un seguace di Giovanni Gualberto, il monaco Pietro degli Aldobrandini, poi detto Igneo, uscì illeso dalle cataste infuocate provando la colpevolezza del vescovo che, di li a poco, fu deposto da Papa Alessandro II. La leggenda vuole che il Mezzabarba in seguito si sia pentito e ritirato in meditazione proprio in un convento dei vallombrosani. Pietro Igneo fu inviato a dirigere l’Abbazia di San Salvatore a Fucecchio. Per il suo operato il Comune nel 1855 intitolò a suo nome l’ospedale locale, mentre, per volere di Papa Pio XII, dal 1951 Giovanni Gualberto è il protettore delle Guardie Forestali d’Italia.

DANIELE NICCOLI

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