Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
L’evento che ricordiamo oggi non riguarda direttamente Firenze, ma Sesto Fiorentino. Abbiamo scelto un personaggio eccezionale per superare quelle sei miglia: Alfredo Martini, l’indimenticato C.T. della nazionale di ciclismo che proprio oggi avrebbe compiuto cento anni.
Alfredo, così piace chiamarlo a noi di Sesto, rappresenta ancora oggi, a diversi anni dalla morte, tutto il movimento ciclistico italiano. Dalla sua casa in via Giusti sono passati i più forti campioni; lì sono state decise tattiche spesso vincenti, in quella casa sono stati decisi e vinti numerosi Campionati del Mondo. Alfredo però non è stato solo un grande ciclista e un grandissimo CT, Alfredo è stato molto di più. Alfredo era un uomo saggio. Era il nonno che tutti avremmo voluto. Era una persona perbene.
L’autore di Firenze 365, ora lo avete scoperto, è un sestese. Turpiloquio? Assolutamente no. Essere fiorentini di Sesto vuol dire avere una storia forse meno nobile ma, certo, non meno dignitosa:
Protagonista di questo viaggio è anche chi abita immediatamente a Nord di Firenze, lungo la vecchia via Cassia esattamente al sesto miglio. Sono coloro che hanno il coraggio di non dichiararsi fiorentini, ma, fiorentini di Sesto, che non è la stessa cosa. Hanno meno storia alle loro spalle e meno glorie da raccontare. Sono meno raffinati degli abitanti della città del fiore, non mangiano la bistecca e neppure il lampredotto, ma le budella di maiale. Non sono depositari del sapere dei grandi di Firenze, hanno solo l’impenitenza del loro Pinocchio, eppure sono protagonisti di una storia non meno nobile, quella che si costruisce giorno per giorno.
18 febbraio 1921 – Nasce Alfredo Martini
Per comprargli la bicicletta suo padre, operaio della Manifattura Ginori, dovette impegnare lo stipendio di tre quindicine, ma certo furono soldi ben spesi visto come Alfredo Martini ha saputo valorizzare quello strumento. Entrò nel mondo del professionismo nel 1941 e continuò a gareggiare fino al 1957 vivendo per intero, e da vicino, l’epopea di Gino Bartali e Fausto Coppi dei quali era gregario in occasione dei Tour de France per squadre nazionali.
Nel 1950, pochi giorni dopo la vittoria nella tappa con arrivo a Firenze del Giro d’Italia, indossò anche la maglia rosa. Una soddisfazione indicibile per il ragazzo cresciuto nella Ganna di Colonnata. Alla fine si classificò terzo dopo Koblet e Bartali. Non proprio due sprovveduti.
Nel suo palmers poche, ma significative, vittorie. A spiccare è soprattutto il successo nel Giro dell’Appennino del 1947. All’epoca la corsa si svolgeva nelle strade fra Genova e Alessandria in ricordo della strage della Benedicta avvenuta tra il 6 e l’11 aprile 1944 quando i militari della Guardia Nazionale Repubblicana, comandati da un ufficiale tedesco, uccisero settantacinque partigiani che si erano rifugiati in un monastero. Da quel massacro si salvò soltanto Giuseppe Ennio Odino che, creduto morto, riuscì a fuggire prima di essere di nuovo arrestato e deportato a Mathausen. Alla fine della guerra Odino tornò al suo antico amore, la bicicletta. Nel 1947, appunto, fu un partigiano ad aggiudicarsi la corsa: Alfredo Martini.
Quando l’età non gli ha più consentito di correre, la sua saggezza è diventata un patrimonio per tanti allievi. Grazie ai suoi consigli Gosta Pettersson, nel 1971, si aggiudicò il giro d’Italia, ma è stato il suo lavoro di C.T. della Nazionale a dare i migliori frutti. Ben sei vittorie nel Campionato del Mondo cui si devono aggiungere sette argenti e altrettanti bronzi. Riuscì, grazie alle sue doti diplomatiche, a gestire campioni come Francesco Moser e Giuseppe Saronni che insieme non avrebbero preso neanche un caffè. Vinse con entrambi e per evidenziare questa sua dote, uno spirito arguto tipicamente sestese così lo apostrofò:
Se t’avessi fatto il prete saresti diventato papa
Nacque a Calenzano il 18 febbraio 1921, ma fu cittadino sestese. Non perché vi abitò da subito, ma perché questa era la sua aria, questo era il suo rifugio. Fu garzone di barbiere, operaio, vigile urbano, titolare di un negozio sulla Strada Nova e poi consigliere comunale e assessore allo sport. Tutto a Sesto e tutto con la stessa passione e lo stesso amore per la città.
Tour de France, Giri d’Italia, campionati del Mondo, classiche del Nord. Tanti viaggi, tante storie, ma è sempre tornato a Sesto. Ha voluto condividere con gli amici di sempre le sue fatiche e i ricordi delle imprese di Bartali e Coppi. E ha cominciato proprio con i giovani sestesi a divulgare i valori del ciclismo: fatica e lealtà. Valori fondamentali anche nella quotidianità perché niente si ottiene senza sacrificio.
Bisogna allenarsi bene, saper soffrire, voler soffrire. Sono felice di aver scelto il ciclismo, con la sofferenza che comporta, ma non è che i miei compagni alla catena di montaggio soffrissero di meno (Alfredo Martini)
Nelle sue parole si trovava sempre, ferma, la condanna verso la ricerca delle strade facili per il successo. Strade che sembrano darti molto, ma che, alla fine, ti tolgono di più
Il doping ti toglie la dignità, è un gesto di vigliaccheria.
Si possono guadagnare tanti soldi, ma sporchi,
e poi si pagano con gli interessi (Alfredo Martini)
Se n’è andato il 25 agosto 2014, pensiamo lo abbia fatto con la bicicletta lo strumento che, come soleva dire “ci rende liberi”.
DANIELE NICCOLI
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