20 maggio 1896 – Lo sciopero delle trecciaiole

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Trecciaiole
Sesto com'era

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino, i giorni della nostra storia

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

20 maggio 1896 – Lo sciopero delle trecciaiole

                       Sul cappello di paglia di Firenze possiamo farvi tante confidenze

Così Odoardo Spadaro ha voluto omaggiare uno dei simboli della tradizione fiorentina. Quando nel 1935 il celebre cantautore fiorentino compose questa canzone la moda della paglia era ormai superata, ma per molto tempo la produzione dei cappelli fatti a mano, generalmente affidata alle donne, ha avuto un ruolo importante per l’economia di Firenze e dei paesi limitrofi. Fino a più della metà dell’Ottocento il prodotto fiorentino aveva controllato il mercato internazionale, ma dal 1885 l’immissione sul mercato di prodotti similari provenienti dalla Cina (già allora), dal Giappone, ma anche da Napoli, dalle Marche e dal Casentino fece crollare il mercato toscano, dove per altro era aumentata la richiesta di lavoro. La conseguenza fu la riduzione degli stipendi delle trecciaiole, anche quelle, come le sestesi, che si erano specializzate nella lavorazione della treccia fantasia. Nel 1896 le retribuzioni in alcuni casi diminuirono più del 50% rispetto all’anno precedente e così le trecciaiole, decisero di entrare in sciopero. Le prime, guidate da Barsene Conti detta la Baldissera, furono quelle di Brozzi, San Donnino e Signa.

A Sesto l’agitazione iniziò il 20 maggio 1896. Un centinaio di trecciaiole percorse in corteo le vie del centro invitando anche gli operai degli stabilimenti dove si producevano cappelli di paglia a sostenerle nella lotta. Alla resistenza, opposta dai proprietari, seguì una fitta sassaiola e qualche vetro rotto. Enrico Del Panta, uno di quei proprietari, scrisse una lettera piccata al sindaco che, a suo giudizio, non si era prodigato più di tanto a proteggere la sua proprietà:

 

Mi fa molta meraviglia che un uomo previdente come è Lei non abbia pensato a far venire una compagnia di soldati per proteggere la proprietà e le persone. La prego però a farlo il più presto possibile perché io voglio essere protetto; anche se la compagnia dovesse venire qui a mie spese io mi obbligo con la presente a pagare il tutto

 

La conseguenza dei disordini fu, l’arresto e la condanna di dieci trecciaiole nonostante la difesa gratuita offerta dall’avvocato Giuseppe Pescetti. Le pene variarono fra i 7 e i 42 giorni di reclusione. La Camera di Commercio fu costretta a promettere, per conto dei fattorini e dei proprietari, nuove tabelle salariali: una treccia di 45 metri sarebbe stata pagata 10 centesimi in più e 30 centesimi sarebbe stata la minima retribuzione per la lavorazione di un cappello. Gli aumenti in questione però, seppur annunciati pubblicamente, non furono mai applicati. Allora, per evitare l’intermediazione dei fattorini, le trecciaiole decisero, in accordo con la Camera del Lavoro, di costituirsi in cooperative ma non riscossero risultati clamorosi. Le assemblee si susseguirono ancora per un anno, giusto il tempo necessario per dimostrare il fallimento dell’esperimento cooperativistico e l’ineluttabile crisi del settore. Le lotte delle trecciaiole rappresentarono, come sostiene Ernesto Ragionieri, il primo importante tentativo di associazione fra lavoratori sestesi ed ebbero un grande significato politico. Il Partito Socialista all’epoca dei fatti era nato solo da quattro anni, ma il sostegno conferito alle lotte delle trecciaiole e degli altri lavoratori diede presto i suoi frutti. Alle elezioni politiche del 1897 il candidato socialista del collegio di Sesto Fiorentino, Giuseppe Pescetti, fu eletto deputato. Nel 1899 sarebbe stato invece Pilade Biondi, eletto sindaco, a inaugurare la lunga stagione del Comune Rosso.

Così ricorda lo sciopero delle trecciaiole Enrico Giusti nei sui Lunari:

 

Sciopero delle trecciaiole, venendo da altri paesi un n° di circa 200 donne con bandiera e, calcando le vie di Sesto e Colonnata, rompendo i vetri a diversi negozianti di Sesto e, per farle cessare, dovette intervenire da Firenze la truppa.

 

Daniele Niccoli

 

 

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