29 agosto 1590 – Adunanza dell’accademia della crusca

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Firenze 365

Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

29 agosto 1590 – Adunanza dell’accademia della crusca

 

I primi anni di vita dell’Accademia della Crusca, tra il 1570 e il 1580, furono caratterizzati dalla volontà dei fondatori di differenziarsi dai formalismi un po’ noiosi degli accademici fiorentini ai quali contrapponevano le cosiddette cruscate, cioè discorsi che essi stessi definivano giocosi e di poco conto. I fondatori dell’Accademia, tutti dotati di soprannome, furono Giovan Battista Deti (il Sollio), Bernardo Canigiani (il Gramolato), Bernardo Zanchini (il Macerato), Bastiano de’ Rossi (l’Inferigno) e Anton Francesco Grazzini (il Lasca) a questi si aggiunse ben presto Leonardo Salviati (l’Infarinato) che diede all’istituzione il nuovo e importante obiettivo di separare la buona lingua da ciò che era invece da scartare. Come simbolo dell’Accademia fu scelto il frullone, cioè lo strumento che all’epoca si adoperava per separare la farina dalla crusca. Il motto fu invece ripreso dai versi di Francesco Petrarca:

 

Il più bel fior ne coglie

 

La prima adunanza si tenne il 25 gennaio 1583, ma fu con l’adunanza del 29 agosto 1590 che l’attività dell’Accademia si concentrò sulla preparazione del Vocabolario, opera che nel tempo contò altre quattro edizioni.

L’attività dell’Accademia è stata oggetto anche di biasimo da parte di famosi letterati, primo fra tutti Giacomo Leopardi che, pure, ne fu membro. Più numerose, però, sono state le lodi ricevute. Fra tutte quella del poeta Giuseppe Giusti che paragonò gli accademici al buon fornaio che sceglie con cura il grano prima di macinarlo, ma che non esita a mescolarlo con altri dalle caratteristiche diverse purché il pane venga buono:

 

Al sollecito fornaio                                  che ogni stomaco conforta,
Che seduto sullo staio,                            ed è buono a tutti i denti.
ripulisce e raggranella                           E per questo attende bene
il bel fior della favella                            all’origine del grano
già s’intende che non basta                   s’egli è indigeno, o se viene
di teneer le mani in pasta,                     da vicino o da lontano.
perchè il pubblico ammirato                 Non l’appaga ogni frumento
di vederlo infarinato.                             lì battuto nel momento
gli s’affolli sul cammino                       ma lo cerca riposato
quando torna dal mulino:                    per veder che non ribolla
ma desidera sul sodo                            quando nell’acqua si marita 
che si mangi un pane ammodo            e ne resti inaridita
di quel pane a cui la sporta                 o la crosta o la midolla……
apron tutti i ricorrenti                                                                 Giuseppe Giusti

 

Daniele Niccoli

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