3 ottobre 1925 – La notte di San Bartolomeo

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

3 ottobre 1925 – La notte di San Bartolomeo

 Dopo l’omicidio di Giacomo Matteotti e il fallimento dell’Aventino, il fascismo poteva ben dire di aver messo a tacere l’opposizione più intransigente, ma era ancora ben lontano dall’ottenere il consenso totale. Per esempio la loggia massonica Grande Oriente d’Italia, dopo aver giudicato favorevolmente le primissime fasi del fascismo, aveva sposato una linea di decisa opposizione suscitando così l’immediata reazione degli squadristi che fu addirittura preannunciata da un articolo apparso su Battaglie fasciste del 3 ottobre 1925:

La massoneria deve essere distrutta ed i massoni non hanno diritto di cittadinanza in Italia. […] Tutti i mezzi sono buoni; dal manganello alla revolverata, dalla rottura dei vetri al fuoco purificatore

Dalle parole si passò subito ai fatti. Nella notte fra il 3 e il 4 ottobre le squadracce nere scatenarono una terribile rappresaglia con la scusa di vendicare la morte del fascista Giovanni Luporini, rimasto ucciso, probabilmente dal fuoco amico, mentre capeggiava una spedizione contro il Maestro Venerabile, Napoleone Bandinelli.

Nell’azione perse la vita Giovanni Becciolini, anch’egli massone e amico dei fratelli Carlo e Nello Rosselli fondatori del giornale antifascista Non Mollare. Durante la stessa nottata furono uccisi anche l’avvocato Gustavo Consolo e l’ex deputato socialista Gaetano Pilati.

Gli episodi di terrore di quella notte furono ricordati, anni dopo, da Vasco Pratolini in Cronache di poveri amanti. Gli squadristi fiorentini avevano però ecceduto nella violenza. Mussolini non poteva perdere definitivamente la faccia nei confronti dell’opinione pubblica internazionale e così convocò il Gran Consiglio e avviò ben tre inchieste.

Nel giro di poco tempo furono rimossi sia il questore che il prefetto, mentre Italo Balbo fu inviato a rimettere ordine nel fascio fiorentino. Gli elementi più facinorosi furono espulsi mentre Tullio Tamburini, coordinatore della nottata di violenze fu inviato in Libia. Fu poco più che un’operazione di facciata. I quattro squadristi rinviati a giudizio per l’omicidio di Pilati e i sette per l’assassinio di Consolo furono tutti assolti nonostante la testimonianza della vedova di Pilati, Amedea Landi, che, seppur palesemente intimidita, si era presentata in tribunale e aveva riconosciuto gli assassini.

Per l’omicidio Becciolini gli inquisiti furono dieci. Otto furono assolti per mancanza di prove mentre gli altri due furono condannati, ma solo per ferite gravi. Questo fu, più tardi il sarcastico commento di Gaetano Salvemini:

non era stato ucciso, ma ferito gravemente;
poi era morto di suo (Gaetano Salvemini)

DANIELE NICCOLI

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