Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino, i giorni della nostra storia
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)
Sesto giorno per giorno
7 maggio 1562 –7 maggio 1562 – Il figlio del calzolaio di Salimbosco
Lorenzo di Giovanni Bernini nel 1562 viveva in Salimbosco, nell’attuale via Scardassieri quando.
ad ore una incirca del 6 maggio
sua moglie, Gosta, gli regalò il quinto figlio. All’epoca le ore si contavano a iniziare dal tramonto e quindi, considerata la stagione, possiamo fissare l’orario della nascita intorno alle 20. Era appena finita una giornata di lavoro e il povero ciabattino, questa era la professione di Lorenzo, avrà pensato alla nuova bocca da sfamare o, forse, alla prospettiva di due braccia lavorative in più in famiglia. Di sicuro non poteva intuire che quel suo figlio sarebbe diventato l’artista più famoso tra quelli nati a Sesto.
Il mattino successivo Lorenzo, in compagnia dei testimoni, Martino di Piero Belacqua, Lorenzo di Piero Conti e Faldino d’Antonio Biagiotti si recò alla chiesa di San Martino a Sesto per battezzare il figlio che decise di chiamare Pietro.
Le pessime condizioni economiche condussero i membri della famiglia a cercare miglior fortuna a Firenze. Il primo a farlo fu Sebastiano, fratello, anch’egli ciabattino, di Lorenzo. Si stabilì nel popolo di San Donato in prossimità dei lussuosi possedimenti immobiliari di Bernardo Vecchietti. Sebastiano aveva un’unica figlia e così, in attesa del trasferimento del fratello, portò nella capitale del granducato anche il nipote Pietro. Il giovane sestese, trapiantato nella nuova realtà, ebbe modo di sviluppare le sue qualità artistiche ricevendo preziosi insegnamenti sulle tecniche del disegno dal cavalier Rodolfo Sirigatti. Le sue capacità, oltre che la sua intraprendenza, gli valsero la possibilità di frequentare l’accademia artistica di palazzo Farnese a Caprarola. Nei primi tempi si dedicò alla pittura ma già dal 1584 iniziò a cimentarsi nella scultura. Di lì a poco si trasferì a Napoli dove collaborò con Michelangelo Naccherino alla realizzazione della Fontana del Nettuno e della Fontana del Gigante.
Era ormai pronto per il salto di qualità e così si spostò a Roma dove lavorò per la famiglia Borghese e per papa Urbano VIII, ovvero Maffeo Barberini, un cittadino fiorentino con origini a Barberino val d’Elsa inviso ai romani per l’utilizzo spregiudicato che fece delle reliquie della Roma imperiale.
Quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini
Fu proprio Urbano VIII a incaricare Pietro Bernini della realizzazione di una fontana nella piazza sottostante la chiesa di Trinità dei Monti. La bassa pressione con cui giungeva l’acqua impediva la realizzazione di zampilli e allora lo scultore realizzò una fontana a forma di barca semi-sommersa. L’artista trasse ispirazione da un episodio realmente accaduto nel 1598: in seguito ad una piena del Tevere una barca si sarebbe trovata in secca proprio in quella piazza. Ecco quindi l’idea de La Barcaccia, la fontana in cui oggi si specchia la celebre scalinata di Trinità dei Monti.
La fontana è stata più volte vittima dell’imbecillità umana. Nel 2007 quattro ubriachi la danneggiarono con il cacciavite. Peggio si comportarono i tifosi del Feyenoord che, dopo la partita di Europa League del 19 aprile 2015, si accanirono nei confronti della fontana procurandole danni gravi e permanenti.
Negli anni della maturità il valore artistico del maestro sestese fu ampiamente riconosciuto, e ciò gli valse la nomina a Principe della prestigiosa Accademia di San Luca.
E’ necessario però tornare agli anni napoletani per rintracciare il capolavoro assoluto della sua esistenza. Durante il soggiorno napoletano, infatti, Pietro Bernini sposò Angelica Galante da cui ebbe il figlio Gianlorenzo, destinato a diventare il massimo esponente del Barocco italiano e autore, tra le altre cose, del colonnato di San Pietro.
DANIELE NICCOLI