Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri
Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno
Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza (Dante, Inferno, canto XXVI)
24 gennaio 1294 – Processo a Corso Donati
L’approvazione degli Ordinamenti di Giustizia nel 1293 rappresentò un’autentica rivoluzione ottenuta, come si direbbe oggi, attraverso i canali istituzionali. Fu, infatti, il Consiglio dei Cento ad approvare, con settanta voti favorevoli, la nuova legge voluta da Giano della Bella. Con essa i Magnati venivano in sostanza esclusi dalla vita politica. Il provvedimento si era reso necessario in quanto gli stessi Magnati, arrogandosi antichi e inaccettabili diritti di nobiltà e di censo, rappresentavano una minaccia all’organizzazione del Comune. Ovviamente gli antichi “Cavalieri” non accettarono supinamente queste decisioni, ma, anzi, lavorarono nell’ombra per la rimozione di Giano e per rendere meno efficaci i suoi provvedimenti.
Si formarono allora due partiti e alla fine la spuntò chi seppe speculare sul malcontento popolare fomentato, in quell’occcasione, da un celebre beccaio, Dino Pecora. L’occasione per disfarsi in maniera definitiva di un personaggio scomodo, com’era diventato Giano della Bella, capitò il 24 gennaio 1294 in occasione di una sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti di Corso Donati. Il celebre “Barone”, che avrebbe rivestito un ruolo imporante nella vita di Firenze negli anni successivi, durante una rissa aveva ucciso un popolano. Il giudice, probabilmente corrotto, lo aveva assolto scatenando l’ira della folla. Giano della Bella, con l’idea di sedare i tumulti, arringò, senza successo la folla inferocita che invece assaltò il Palazzo del Podestà.
Impauriti dalla sommossa popolare, molti dei sostenitori di Giano iniziarono a defilarsi e ad accusarlo di non essere in grado di mantenere l’ordine pubblico. Del nuovo clima politico approfittò Papa Bonifacio VIII che lo scomunicò, lo accusò di essere nemico della parte guelfa e gli impedì l’elezione alla cariche del Comune. Il popolo allora si sollevò in sua difesa ma deluso, Giano, preferì lasciare volontariamente Firenze:
ma Giano che era uno savio uomo, se non ch’era alquanto presuntuoso, veggendosi tradito e ingannato da coloro medesimi ch’erano stati con lui a fare il popolo, e veggendo che la loro forza con quella de’ grandi era molto possente e già raunati a casa i priori armati, non si volle mettere alla ventura della battaglia cittadinesca, e per non guastare la terra, e per tema di sua persona non volle ire dinanzi, ma cessossi e partì di Firenze a dì 5 di Marzo (Giovanni Villani)
A distanza di un anno gli Ordinamenti di Giano furono profondamente cambiati: ai Magnati fu concesso di entrare nelle Arti e quindi, attraverso di esse, partecipare alla vita pubblica. Usciti dalla porta, erano rientrati dalla finestra.
DANIELE NICCOLI
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