27 gennaio 1302 – L’esilio di Dante

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Dante
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

27 gennaio 1302 – L’esilio di Dante

Dopo i fatti di sangue del maggio e del giugno 1300 di cui si resero responsabili Bianchi e Neri il Consiglio dei Cento e i priori, Dino Compagni e Dante Alighieri presero la decisione di confinare i principali rappresentanti delle fazioni rivali. I Neri dovettero trasferirsi a Pieve al Toppo in prossimità di Arezzo, ma il loro mentore, Corso Donati, per niente rassegnato all’idea di lasciare la guida di Firenze ai rivali si rivolse a Bonifacio VIII affinché si schierasse a favore della sua parte. Il Papa che doveva ai capitali fiorentini il finanziamento delle attività pontificie e ritenendo i Bianchi troppo vicino ai Ghibellini con la scusa della pacificazione inviò a Firenze Carlo di Valois. L’intento, neanche tanto segreto, era però quello di favorire il rientro dei Neri in città. Fu questa un’operazione mai perdonata da Dante che, infatti, provvederà a collocare Bonifacio VIII all’inferno ancor prima della sua morte.

Ed el gridò:” Se’ tu già costì ritto,
Se’ tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.

Se’ tu sì tosto di quell’aver sazio
per lo qual non temesti Tòrre a ‘nganno
la bella donna, e poi farne strazio.   (Dante Alighieri)

Il 1° novembre 1301 Carlo di Valois entrò in città con le sue truppe. Quattro giorni dopo le truppe di Corso Donati forzarono la porta da Pinti e regolarono i conti con i Bianchi. Senza che il pacificatore facesse niente per evitarlo, le case furono saccheggiate e bruciate, le donne violentate e i bambini uccisi. Al termine di questa ennesima fase sanguinosa della storia di Firenze, Cante de’ Gabrielli da Gubbio fu nominato podestà e, dopo un’inchiesta sommaria sul comportamento dei Priori dei due anni precedenti, accusò Dante di ribellione al Papa e di appropriazione indebita di denaro pubblico (baratteria). Dante, che in quel momento faceva parte di un’ambasceria a Roma, non rientrò, come richiesto, a Firenze per cui fu condannato al pagamento di una multa e a due anni di confino. Era il 27 gennaio 1302. Non avendo pagato la multa, il 10 marzo la condanna si trasformò nella confisca dei beni e alla morte sul rogo se fosse stato catturato dalle autorità. Dante non fece più ritorno a la gran villa.

Ma quello ingrato popolo e maligno
che discese da Fiesole ab antico,
e tiene ancor del monte e del macigno,
ti si farà, per tuo ben far, nimico   (Dante Alighieri)

DANIELE NICCOLI

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