20 luglio 1304 – La battaglia della Lastra

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Dante Alighieri
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

20 luglio 1304 – La battaglia della Lastra

Le lotte intestine che caratterizzarono la vita politica di Firenze nei primi anni del Trecento videro prevalere la fazione dei Neri grazie all’intervento di papa Bonifacio VIII e del “paciere” Carlo di Valois. I Bianchi costretti all’esilio, nel giugno 1302 stipularono un accordo con i ghibellini per organizzare il rientro armato in città. Al convegno di San Godenzo partecipò anche Dante Alighieri e questo forse gli valse l’appellativo di Ghibellin fuggiasco affibbiatogli da Ugo Foscolo, ma quando, due anni dopo, i fuoriusciti organizzarono un esercito per rientrare in Firenze, Dante si era ormai dissociato dall’azione.

E quel che più ti graverà le spalle,
sarà la compagnia malvagia e scempia,
con la qual tu cadrai in questa valle  (Dante Alighieri)

La mattina del 20 luglio, un esercito formato da 2500 unità tra cavalieri, fanti e balestrieri si accampò in località la Lastra sulla via Bolognese. I capi della sommossa non erano d’accordo sulla strategia da adottare. I fuoriusciti fiorentini volevano accelerare i tempi mentre i ghibellini giunti da Bologna intendevano aspettare le truppe di rinforzo in arrivo da Pistoia. Alla fine Baschiera della Tosa ruppe gli indugi e con una parte delle truppe entrò in Firenze. La sua iniziativa riscosse un iniziale successo, ma poi le milizie Nere si organizzarono e i Bianchi furono ricacciati indietro lasciando sul terreno più di 400 morti e perdendo l’ultima occasione per rientrare in città:

che tutta ingrata, tutta matta ed empia
si farà contr’a te; ma, poco appresso,
ella, non tu, n’avrà rossa la tempia (Dante Alighieri)

La vendetta dei Neri non si fece aspettare. Il 5 agosto rasero al suolo il Castello delle Stinche in prossimità di Greve in Chianti dove si erano rifugiati Bianchi e Ghibellini. I prigionieri furono condotti a Firenze e rinchiusi nelle nuove carceri costruite sui terreni che una volta appartenevano agli Uberti e che da questo episodio presero il nome di carcere delle Stinche.

Per molti anni la prigione ospitò anche i condannati a morte che, al momento dell’esecuzione dovevano percorrere a piedi la strada fino alla Torre della Zecca, luogo delle esecuzioni capitali. Lungo questa strada, non a caso chiamata via de’ Malcontenti, furono eretti alcuni tabernacoli per dare conforto ai malcapitati.

Il carcere delle Stinche andò a sostituire le Burella di romana memoria e il carcere femminile della Pagliazza che si trovava in una torre bizantina a base circolare costruita sopra un antico calidarium romano e il cui nome era legato al pagliericcio sui cui erano costrette a dormire le detenute.

DANIELE NICCOLI
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