18 luglio 1334 – Prima pietra del Campanile di Giotto

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Campanile di Giotto
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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

18 luglio 1334 – Prima pietra del Campanile di Giotto

Giotto di Bondone fu l’artista simbolo del medioevo. Con il suo modo di interpretare l’arte figurativa trasformò completamente la pittura. Poche sono le notizie a nostra disposizione circa le sue origini. Anche l’anno di nascita è incerto, ma oscilla fra il 1276 e il 1267 a seconda che si prenda come riferimento le Vite di Giorgio Vasari o il Centiloquio di Antonio Pucci. Lo stesso Vasari ci tramanda, rifacendosi alla testimonianza di Ghiberti, l’origine mugellana di Giotto e del suo essere allievo più bravo del maestro Cimabue. Cosa peraltro già testimoniata da Dante:

Credette Cimabue nella pittura
tener lo campo, ed ora ha Giotto il grido,
si che la fama di colui è scura  (Dante Alighieri)

Secondo altri autori Giotto avrebbe invece avuto origini fiorentine e quelli di Vespignano nel Mugello sarebbero stati solo possedimenti di famiglia.
Qualunque fosse la sua origine, certamente Giotto fiorentino lo fu nell’animo. Boccaccio lo descrisse come uno spirito vivace e pronto alla battuta. Nella quinta novella della sesta giornata il poeta di Certaldo lo immagina impegnato in un divertente colloquio con il giurista Forese da Rabatta:

Senti Giotto, se adesso ci venisse incontro un forestiero che non ti avesse mai visto, vedendoti così brutto penserebbe che tu sei il migliore pittore del mondo?
Sì, se guardando voi, penserebbe che sappiate l’abicì (Giovanni Boccaccio)

Molti altri aneddoti curiosi sono legati alla vita del primo grande artista fiorentino: dalla O perfetta per Bonifacio VIII, alla mosca sul dipinto di Cimabue, alle setole dei maiali per finire con i figli bruttissimi.

Nel 1334 Giotto fu nominato Capomastro dell’Opera del Duomo e diede inizio alla costruzione di quel Campanile che, seppur completato dai suoi successori Andrea Pisano e Francesco Talenti, porta ancora oggi il suo nome e rappresenta l’opera architettonica più rilevante del gotico fiorentino.

Nonostante Giotto sia stato l’inimitabile esecutore degli affreschi della Basilica di San Francesco d’Assisi, non si può dire che aspirasse alla povertà propugnata dal Santo. Giotto, oltre a guadagnare con la sua attività principale trasse beneficio anche dal noleggio di macchinari da lavoro e probabilmente esercitò il prestito a usura.

Considerando la realtà dell’economia fiorentina del Trecento, la cosa appare più che verosimile e forse non è un caso che Giotto abbia preso in moglie la figlia di Lapo del Pela che si chiamava Ricevuta.

DANIELE NICCOLI
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