24 febbraio 1974 – Rivolta al carcere delle Murate

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

24 febbraio 1974 – Rivolta al carcere delle Murate

All’inizio degli anni’70 la vita all’interno dei penitenziari italiani era normata ancora dal regolamento carcerario fascista risalente al 1931. Tale ordinamento prevedeva, come unica forma di rieducazione del reo, le privazioni e le sofferenze fisiche. Il carcere era considerato un luogo completamente isolato dalla società libera e dedicato alla punizione. A causa di una riforma da troppo tempo promessa, ma ancora non realizzata, nel 1974 nelle carceri italiane si vissero giorni di grande tensione.

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Alle Murate di Firenze la rabbia esplose il 24 febbraio1974. Un gruppo di detenuti in segno di protesta salì sul tetto determinando la reazione di un agente di custodia che sparò verso i rivoltosi una raffica di mitra che uccise il ventenne Giancarlo Del Padrone e ferì altri otto carcerati. Il detenuto aveva vent’anni, era stato arrestato quindici giorni prima per furto d’auto. Al suo primo reato, era in attesa di processo.

Noi non sapremo mai
quale sia stata la sua orazione
mentre a un passo dal cielo
gli hanno sparato come a un piccione
forse non ha potuto
gridare boia a chi l’ammazzava
mentre la vita rossa colava
giù per le tegole nella grondaia   (Gianni Siviero)

L’episodio, invece che sedare i rivoltosi, rinfocolò gli animi. I detenuti sul tetto aumentarono di numero mentre all’esterno del complesso molte persone si radunarono per assediare il carcere. Gli scontri tra polizia e manifestanti misero a ferro e fuoco l’intero quartiere di Santa Croce per tutta la notte.

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Gli eventi di Firenze funzionarono da detonatore e così nei giorni successivi furono i detenuti di Marassi a Genova e quelli di Alessandria a ribellarsi. Come succede spesso in questi casi, e ancor più in quegli anni di piombo, è difficile distinguere tra protesta, lotta politica e veri e propri tentativi di evasione. Certo lo Stato non andò per il sottile. Ad Alessandria tre detenuti sequestrarono quattordici ostaggi e chiesero di poter lasciare il carcere in un furgone. L’intervento dei carabinieri del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa provocò la morte di due di loro e di cinque ostaggi.

Forse a causa di quegli accadimenti o forse perché erano veramente maturi i tempi, nel 1975 l’ordinamento penitenziario fu riformato mettendo finalmente in pratica, almeno sulla carta, un dettato costituzionale rimasto per molto tempo inattuato. Si legge infatti nella Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

DANIELE NICCOLI

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