Inchiesta su Monte Morello: intervista a Pino Baggiani della Pro Loco Sesto

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Zambra
Foto di Pino Baggiani

Valle dello Zambra: perfetto connubio tra ambiente naturale e storia del territorio.

La vallata scavata dal torrente Zambra su uno dei contrafforti di Monte Morello è diventata negli ultimi anni meta di escursioni da parte dei cittadini sestesi e fiorentini. Un ambiente ancora ben conservato, la coesistenza di tanti elementi storicamente rilevanti e pendii non troppo impegnativi inducono alla passeggiata e alla riflessione.

Di questo scorcio di Sesto abbiamo parlato con Pino Baggiani, vice presidente della Pro Loco, ente che da sempre favorisce la conoscenza e la valorizzazione del territorio.

Lo Zambra è il secondo torrente, per portata, del territorio di Sesto Fiorentino.
Zambra è un nome di origine etrusca e, com’è noto, pare significhi ‘fiume dei morti’.
Nasce a monte della fonte Giallina che lo alimenta creando, subito a valle, una bellissima cascata dove da anni è allestito un piccolo presepe. Subito dopo, il torrente scorre sotto il ponte di Spartimoglie, uno dei tanti ponti di Sesto dal nome singolare.
Secondo una leggenda l’origine del nome sarebbe da ricercare nel fatto che due contadini, uno residente a destra e l’altro a sinistra del torrente, avessero formulato in contemporanea il proposito di prendere per moglie la stessa donna. Alla fine pare sia stata proprio la donna a dirimere la diatriba assumendosi l’onere della ‘scelta’.

2022 - Ponte Spartimoglie
TuttoSesto

All’altezza del ponte è ancora visibile una deviazione di una parte delle acque dello Zambra che, attraverso una docciola, venivano anticamente convogliate verso il parco e la villa Ginori dopo aver costeggiato una parte della via Piana.

Più a valle, sulla riva sinistra del torrente, si trova la necropoli di Palastreto. Una ventina di tombe a pozzetto che probabilmente rappresentano solo una parte di quelle che erano presenti nell’area che va da Carmignanello alla cava di alberese di Palastreto.
Scendendo ancora troviamo il ponte alle Volpi. Diventato ‘famoso’ negli ultimi tempi, ma che fino a poco tempo fa era completamente nascosto dalla boscaglia. E’ stata necessaria l’opera di una dozzina di volontari per riportare alla luce questo antico ponte presente già nelle carte dei capitani di Parte Guelfa del ‘500 come ‘Ponte alla Volpe’.

2022 - Ponte alle Volpi 3
TuttoSesto

Difficile stabilire quanto tempo prima fosse stato realizzato. Certamente non è etrusco. Si tratta di un ponte ad arco a tutto sesto ribassato costituito da mattoni. Ha una larghezza di circa 180 cm e quindi non è carrozzabile. Probabilmente è stato costruito in età medievale quando avrebbe consentito il passaggio degli animali da soma da e verso la zona di Careggi.
Con il tempo le spallette sono andate quasi completamente perdute mentre è sempre visibile, sotto il ponte, il taglio netto di una grossa pietra realizzato, probabilmente, per far defluire meglio l’acqua.
E’ possibile che nella stessa zona esistesse, molti secoli prima, anche un ponte etrusco, probabilmente in legno. Se non altro avrebbe avuto il compito di collegare la città dei morti con quella dei vivi, ovunque essa si trovasse.
A proposito di città dei morti, ancora più a valle,sempre sulla riva sinistra del torrente si trovano le tre tombe monumentali: Montagnola, La Mula e quella del giardino di Villa Solaria demolita durante i lavori per il parco quando, per la verità, furono rinvenute anche alcune tombe a cassetta“.

Insomma gli Etruschi c’erano visto che abbiamo ritrovato sepolture in gran numero, ma dov’era il loro villaggio?
Si parla genericamente di Poggio al Giro ma lì, sulla base dei pochi reperti trovati, forse poteva trovarsi l’acropoli. Rimane il mistero del villaggio che, a giudicare dall’ampiezza della città dei morti, non doveva essere così angusto. Qualcuno sostiene che l’abitato potesse essere costituito da capanne di legno andate perdute, ma ciò entra in contraddizione con i ritrovamenti di Gonfienti dove il perimetro delle case è invece costituito da sassi che si sarebbero dovuti conservare e che a Sesto invece non sono stati rinvenuti. Insomma l’interrogativo rimane“.

Zambra 1
Foto di Pino Baggiani

Abbiamo definito lo Zambra come fiume dei morti, ma possiamo considerarlo un ambiente vivo?”
Il torrente Zambra, insieme ad altri corsi d’acqua del territorio, ha costituito per anni una forma di sostentamento per alcun famiglie che arrotondavano le loro magre entrate con la pesca dei granchi rivenduti poi alle osterie di Sesto e di Firenze. I soprannomi di alcuni sestesi (Granchiolino o Granchi teneri) e i cognomi di alcune famiglie (Granchi e Del Granchio) derivano proprio da quest’antica attività. Purtroppo oggi l’ecosistema è stato completamente stravolto dall’inquinamento e dall’opera dell’uomo. Nel caso dello Zambra ha influito anche il passaggio dell’alta velocità che ha reso il torrente non più perenne. Nella parte alta l’acqua è presente solo in alcuni mesi e quindi molte specie animali tra cui i granchi, ma anche i gamberi e le salamandre, non riescono a vivere e a riprodursi. Un vero peccato. Una tassa che abbiamo pagato in nome della modernità”.

STEFANO NICCOLI e DANIELE NICCOLI

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