17 giugno 1978 – Il ping pong alla Lucciola

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I baristi del Giardino La lucciola,a di Sesto Fiorentino

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino, i giorni della nostra storia

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

17 giugno 1978 – Il ping pong alla Lucciola

“Poco bone. Le un’ meritan nulla. Tutte poco bone le sono” mentre scendiamo la Strada Nova troviamo Raperino con la sua immancabile sigaretta che pronuncia la scontata predica nei confronti delle donne. Povero Raperino chissà cosa lo avrà reso così amaro. Mi domando se almeno nel mondo dove abita la sua mente sia felice oppure no. E’ un pensiero fugace perché quando si hanno sedici anni il sangue ribolle e i pensieri filosofici si rimandano a chissà quando.

Sono insieme agli amici della mia adolescenza: Moreno di’ Bini, Poca Luce e Borzoff. Come tutte le settimane dopo la riapertura del giardino estivo siamo diretti alla Lucciola per la sfida di doppio al ping pong. In palio una spuma e un disco al juke box. D’inverno cambia poco: biliardo, con le palle servite da Fucile, al posto del ping pong. Non è così solo per noi. Tutti i ragazzi e le ragazze di Sesto della nostra età passano dalla Lucciola. Meglio Gioventù e Peggio Gioventù: siamo tutti qui. La domenica poi sarà più impegnativa. C’è da rendere conto anche all’ormone e allora sarà il salone Rinascita, con le canzoni della Nuova Leggenda l’arena delle nostre imprese. Se poi non dovesse andar bene (e quasi sempre non va bene), rimane la sfida al calcino dai socialisti. In quel caso in palio ci sono i Boeri, cioccolatini con la ciliegia e il liquore. Quelli che se ne mangi troppi, lo strizzone è assicurato.

Inutile, oggi non prendo palla e Poca Luce non ha voglia. Sconfitta netta con conseguente supplizio per le orecchie perché Borzoff ci costringe all’ascolto di Liù degli Alunni del Sole. Sempre meglio de La Pulce d’acqua di Branduardi che era sta proposta da Moreno. Io avrei optato per Automatic Lover di Dee D. Jackson ma è andata male. Siamo seduti sulle vecchie sedie di plastica dura intrecciata del giardino e ci guardiamo intorno. Bellina la morina. Magari domani la trovo a ballare.

Ecco per noi sessantenni di oggi La lucciola è rimasta questa: musica, divertimento, amori. Vorremmo averla ancora così ma non è possibile. I tempi cambiano. Già ce lo avevano detto i nostri genitori. E poi non ci scordiamo che solo qualche anno dopo la situazione era già molto diversa. Tra i ragazzi si crearono la Compagnie. Ognuna con la propria casacca. Un modo di unire, ma anche di dividere. Dipende dai punti di vista. Noi rimanemmo cani sciolti, ma, forse anche per questo riuscimmo a restare distanti dalla droga che circolava. Eccome se circolava. Certo, anche noi amavamo le moto e le ragazze. Anche noi sentivamo il richiamo della città poco lontana. Come tutti gli altri volevamo sentirci grandi e indipendenti, ma non era ancora così. Sarebbe arrivato il tempo. Qualcuno, anche se non preparato, ha voluto bruciare le tappe e ha conosciuto l’eroina, non tutti gli sono sopravvissuti.

Anche da quei tempi sono passati molti anni e la Lucciola nel frattempo ha dovuto tirare giù il bandone. Problemi economici, liti con il vicinato e crisi del volontariato sono solo alcune delle motivazioni. Fatto sta che questa meravigliosa esperienza iniziata con i Gobbi nell’Ottocento e proseguita con la Polisportiva nel seco

lo scorso si è chiusa nel 2012. Niente più pallavolo, niente più concerti di Gianni Morandi o Johnny Dorelli, niente più serate danzanti, niente più cirulla e conchino. Però neanche rimpianti. Il mondo va avanti e ci saranno altre e anche più belle esperienze. Se vi prende la nostalgia leggete pure questa brutta testimonianza del vostro scriba, ma poi ripartite senza indugio.

La cirulla

La cirulla è una variante più complessa del gioco della scopa. Pare sia di origine genovese ma come sia arrivata a Sesto e perché abbia attecchito così tanto non è dato saperlo. Proprio tra i tavoli della Lucciola si favoleggiava di un marinaio genovese che, transitando da Sesto chissà per quale motivo, ci avrebbe lasciato questa eredità. Sarà stato un novello Colombo che, da grande navigatore qual era, partì per l’India e si ritrovò in America. Bravo.
Per le regole della cirulla vi rimando ai manuali delle carte ma i lettori di questo libro devono sapere che esistono due peculiarità che distinguono coloro che si possono definire abitanti di Sesto da chi è veramente sestese: il rispetto della tradizione della sbudellata di febbraio e saper giocare a cirulla.

Daniele Niccoli

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