Cammina, cammina
Quante scarpe consumate
Quante strade colorate
Cammina, cammina
Vanno verso nord, disegnano confini
Scendono poi a sud, segnando destini
Rimangono nel cuore quelle strade sotto il sole
Bello è ritornare, ma andare forse è meglio
(I Nomadi)
Itinerario:
- Via Venezia
- Via Genova
- Via Milano
- Va degli Scarpettini
- Via Caduti ne lager e nei campi di sterminio
- Via Arrighetto da Settimello
- Via Giovanni XXII (Calenzano)
- Via Niccolò Machiavelli (Calenzano)
- Via Arrighetto da Settimello (Calenzano)
- Via dante Alighieri (Calenzano)
- Via delle Cantine (Calenzano)
- Via di Chiosina (Calenzano)
- Via di Chiosina (Sesto Fiorentino)
- Via di Baroncoli
- Via delle Catese
- Via del Masseto
- Via Padre Eligio Bortolotti
- Via del Ghirlandaio
- Via Lino Biancalani
- Via Venezia
Oggi percorso tra città e collina con ampia e piacevole divagazione sul territorio del comune di Calenzano. Partenza da Querceto, il borgo di cui ho già parlato nella puntata numero 8.
Per la prima parte del percorso mi soffermo solo su via Scarpettini che prende il nome dalla famiglia cui appartenne anche Filidauro podestà di Sesto e Fiesole tra il 1762 e il 1763. Nel secolo scorso la strada veniva chiamata anche via Madonna delle Coste dal tabernacolo situato di fronte alla casa colonica del podere Fontanina.
Proseguo rapidamente in direzione Settimello fino al Neto dalla parte di villa Gamba. Osservando questa importante oasi verde gestita di Comuni di Sesto Fiorentino e di Calenzano mi vengono in mente le cose che avevo scritto nel libro Sesto Una bella Storia e che riporto di seguito:
“altra importante iniziativa sostenuta dalle donne dell’UDi (Unione Donne Italiane) fu quella dei “Figli del Popolo”, ovvero le colonie estive per ragazzi, prima a villa Stanley e poi, dal 1948, al Neto. L’esperienza fu possibile grazie al lavoro volontario di molte donne e fu finanziata dal Comune e, in parte, dagli operai della Ginori che per qualche tempo donarono il corrispettivo di un’ora di lavoro a sostegno dell’iniziativa. La Direzione della Richard-Ginori contribuì pagando uno dei cuochi. la colonia durava 40 giorni. Vi partecipavano più di 500 ragazzi divisi in gruppi di 25/30 coordinati da due volontarie”.
Mi inoltro decisamente nel territorio di Calenzano e mi rendo conto improvvisamente che la mia ignoranza è abissale. Mi sono spostato di poche centinaia di metri e mi accorgo di non conoscere niente, o quasi, di questa comunità. Dovrò ampliare i miei studi ma se intanto qualche lettore vuole aggiungere qualche particolare non posso che esserne contento.
Intanto sono arrivato alla cementizia e proseguo verso il frantoio di Sommaia dove svolto verso Morello. La salita inizialmente è abbastanza dolce. Entro ed esco dal bosco più di una volta prima di imbattermi in uno dei tanti tabernacoli che costellano anche questo cammino.
Dopo una secca svolta a destra trovo la lapide che ricorda Sirio Romanelli, ii partigiano caduto in questi luoghi durante la prima operazione partigiana che si svolse a Monte Morello. Un’operazione sfortunata cui partecipò anche Bube, partigiano reso famoso nel dopoguerra dal romanzo di Carlo Cassola.
Poche centinaia di metri più avanti mi concedo una deviazione su un sentiero che mi permette di scendere fino al letto del Chiosina. Scendo fino ai Tre Ponti una località amena ricordata anche nelle guide del Cammino di San Jacopo. Un’area recentemente riqualificata dai volontari dall’Associazione Assieme che hanno ridato vita anche ad un’antica fonticina.
Risalgo sulla strada e proseguo fino al Molinuzzo ovvero un mulino sul Chiosina che io però ricordavo più come “maialaio” visto che in queste case ormai vuote, fino a qualche anno fa c’era un allevamento di suini.
La strada ora si inerpica decisamente verso Morello e quindi mi “torna” bene anche una breve sosta per fotografare i manufatti di legno che si trovano oltre il margine sinistro della strada.
Poco più avanti faccio una deviazione su via di Baroncoli per recarmi nel luogo dove i tedeschi in ritirata fucilarono padre Eligio Bortolotti. Non sarà, questa, l’ultima sosta in ricordo delle vittime del nazifascismo. Più avanti infatti incontrerò anche la lapide in ricordo di Guido Cecchi.
Nel frattempo rientro sulla strada principale, supero il piccolo cimitero di Morello, l’ennesimo tabernacolo e quindi vado a rifocillarmi alla fonte di Morello. Una delle più generose di tutto il monte.
Riparto e mi trovo subito al cospetto della chiesa di Santa Maria a Morello che oggi ha più o meno l’aspetto che gli fu impresso dal restauro del 1519 eseguito a spese di Borghino di Niccolò Cocchi Donati.
Avvicinandomi allo scollino rivolgo uno sguardo alla Fattoria di Morello con gli olivi che fanno da corona. Giungo alla sommità in corrispondenza di villa Frittelli che fu anche casa Signore appartenuta ad Averardo di Bicci de’Medici. Dall’altro lato della strada la cappella (intitolata sant’Antonio?) recentemente restaurata.
La mia attenzione però è tutta rivolta all’edificio, in fase di ristrutturazione, che fu scuola di Morello e, in epoca più recente, Centro Culturale della Resistenza. Per me da sempre è la sede della “colonia di morello” dove ho passato numerose estati felici. Le camminate, le amicizie, il panino con la mortadella, la gassosa, le gare di bocce, quelle di pallavolo e perché no, anche il ballo di fine stagione (nella foto il vostro scriba malamente impegnato nel Trescone).
Prima di perdermi nelle nostalgie riprendo la strada per Sesto, percorro tutte le ‘svolte’ e, all’Ulivo Rosso, attraverso il Rimaggio per condurmi in Valiversi, una delle località più amene del nostro Paese. Il tempo di una scatto panoramico da via del Masseto e poi giù verso Querceto.
Anche questa camminata è terminata.Hopercorso circa 13 chilometri. Vi lascio con 22 foto e 4 link per i consueti approfondimenti. A me la nostalgia.
Alla prossima
Daniele Niccoli
FOTO: