Nepal: Marco Banchelli al Macchapuchhre, la montagna “coda di pesce”

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Marco Banchelli sta per concludere anche la seconda parte di questa sua nuova missione in Nepal, seguendo “Orme di Pace”. Si trova ancora a Pokhara dove, tra l’altro, non è riuscito ad avere notizie riguardo alla “Via Crucis” di Mauro Conti che sta ricercando, neppure presso la piccola chiesetta di Sant’Anna e la Saint Mary’s School, due piccole realtà cattoliche di questo distretto. Ma ieri per il ciclo-ambasciatore è stata un’altra giornata importante: sia da un punto di vista “atletico” sia e soprattutto da quello umano e personale. A questa zona di laghi e di grandi montagne infatti Marco Banchelli è assai legato. Da qui sono partite diverse sue avventure in bicicletta tra cui quella verso Tilicho e la conquista del lago più alto del mondo e due volte il Campo Base Annapurna, nell’anno 2000 ancora in bicicletta per una straordinaria dedica al popolo Saharawi. Ma la montagna che più di ogni altra ha segnato la sua intera esperienza è stata senza ombra di dubbio il Macchapuchhre, m.6.997 di altezza, che tradotto dal nepalese significa “coda di pesce” dalla forma della sua vetta. Tra l’altro è l’unica vetta al mondo che sia riuscita a mantenere l’antica sacralità rimanendo inviolata.

“Proprio così – conferma lo stesso Banchelli – rappresenta al meglio credo una comunione planetaria tra religioni, filosofie ed ateismi: tutti l’hanno rispettata! Quasi un miracolo, un altro… Confidai perfino al mio grande amico Cardinale Piovanelli, e con suo grande compiacimento, che in quella montagna io ci vedevo lo stesso nostro Dio. E continuo a vederlo…”

Da un paio di giorni un grande abbassamento della temperatura provocato da grandi perturbazioni in atto in quella regione dell’Asia, interessano anche la verde e mite regione di Pokhara provocando grandi nebbie che avvolgono tutto per gran parte della giornata: “…è vero, purtroppo… Ma i concerti delle migliaia di uccelli e uccellini, l’acqua del lago che pare fondersi con il tutto, ha sempre un irresistibile fascino. A me fa diventare anche un po’ poeta! E poi, a differenza di Kathmandu, e nonostante uno sviluppo che a me pare scriteriato di edifici e strade, ci sono un sacco di ciclisti a giro, e tantissimi ragazzi e ragazze del posto!”

Domani è previsto il rientro nella capitale ma c’è di che esserne certi, Marco porterà con sé un altro ricordo indelebile del suo intero percorso: “Come mai potrò dimenticare l’autentico rito che ieri mi è sembrato il salire verso Sarangkot, sotto lo sguardo del Machhapuchhre che per tutta la mia salita è rimasto fuori dalle nebbie… Poche volte come ieri mi sono sentito così leggero in salita, poche volte come ieri mi è sembrato di abbracciare il tutto. Di essere vicino ad una preghiera universale di rispetto e pace. A ripensarci bene in queste prime ore del giorno dopo, forse, la preghiera ero io stesso: nel personale rapporto con Dio. Una sensazione che di cuore auguro a tutti!”

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