“FruBio-frutticoltura biodiversa” è il titolo di un progetto dell’Università di Firenze, cui collabora il Comune di Calenzano, realizzato col contributo di Fondazione CR Firenze.
Il progetto riguarda due aziende del nostro territorio, Semia e Casamatta, nelle quali sono stati piantati frutteti con varietà antiche e rustiche, con l’obiettivo di valorizzare cultivar oggi scarsamente utilizzate. Questi prodotti non sono adatti ad essere coltivati per le lunghe filiere che prevedono periodi di conservazione in frigorifero e lunghi viaggi per gli approvvigionamenti a discapito della qualità.
“Gli studi presentati dall’Università – ha commentato l’assessore all’ambiente Irene Padovani – ci dicono che, a partire dall’inizio del ventesimo secolo, sul territorio italiano è scomparso oltre il 70% della diversità genetica delle principali colture, proprio perché non avevano le caratteristiche necessarie all’agricoltura intensiva e al mercato di filiera lunga. Con questo progetto contribuiamo a far rivivere sul nostro territorio alcune di queste antiche cultivar, che si contraddistinguono per la loro rusticità e le pregevoli caratteristiche organolettiche, con il duplice obiettivo di fare riscoprire al consumatore i gusti di un tempo e di rispettare l’ambiente attraverso metodi biologici di coltivazione”.
‘’Il progetto FruBio – dichiara il Direttore generale di Fondazione CR Firenze Gabriele Gori – è stato finanziato nell’ambito del bando tematico Agri-Culture emanato dalla nostra Fondazione nel 2020 e destinato agli organismi di ricerca del territorio fiorentino. Con Agri – Culture abbiamo voluto stimolare la riflessione e la elaborazione di progetti altamente innovativi inerenti le tematiche della sostenibilità delle produzioni agricole e della salvaguardia della biodiversità. Il progetto FruBio rispondeva alla nostra sollecitazione ed è stato valutato positivamente per il suo carattere sperimentale e applicativo oltre che per le ricadute etiche ed economiche che oggi possiamo già verificare’’.
Inoltre i due frutteti, realizzati con la consociazione di specie e cultivar diverse, garantiscono al frutticoltore una raccolta giornaliera di alcune decine di chili di frutta fresca di qualità per un arco estivo di 4 mesi, da offrire ai mercati locali a Km 0. Iniziando con le ciliegie e le albicocche, continuando con le susine e le pesche per poi finire con pere, mele, fichi e noci si prevede una fidelizzazione del consumatore, sempre più alla ricerca di prodotti tipici.
“Il sistema produttivo, unico nel suo genere – ha spiegato Valter Nencetti, ricercatore del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI), sezione di Colture Arboree dell’Università di Firenze e responsabile del progetto FruBio -, si contrappone alla monocoltura e si ispira ai principi delle consociazioni tipiche della mezzadria, molto più equilibrate e idonee alla coltivazione biologica, riducendo inquinamento e impatto ambientale. Il progetto Fru-Bio, inoltre, attraverso una coltivazione moderna e all’avanguardia, permette, oltre alla salvaguardia del germoplasma e della biodiversità, di offrire al consumatore frutti di pregevoli caratteristiche organolettiche e nutraceutiche nell’interesse delle aziende che si sono rese disponibili alla coltivazione”.
L’impianto dei frutteti biodiversi consente anche un utilizzo efficiente dell’acqua, la conservazione del suolo e l’incremento di insetti utili. Tramite la biodiversità quindi si costruisce un modello di coltivazione sostenibile, in grado di garantire rispetto dell’ambiente, prodotti naturali sul mercato e sostenibilità economica per l’agricoltore.