Carnevale a Sesto Fiorentino: c’erano una volta i carri

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Storia del Carnevale

In occasione della prima domenica di Carnevale riproponiamo l’intervista a Giacomo Bellandi realizzata da tuttosesto.net 3 anni fa:

 

Sesto Fiorentino come… Rio De Janeiro? Non esageriamo. C’è stato però un tempo – nemmeno tanto lontano – in cui maschere e carri di Carnevale coloravano le vie del centro. Merito di alcuni ragazzi pieni di passione, con la voglia di sporcarsi le mani e di far divertire la gente.

Uno di questi è Giacomo Bellandi. Classe 1947, iniziò ad occuparsi del Carnevale dalla metà degli anni settanta. Insieme ad altri giovani dell’epoca, prese il posto dei “vecchi”, impegnati già dal secondo dopoguerra in questa tradizione. Vi mostriamo, a tal proposito, un articolo del 1965 pubblicato su La Nazione.

Giacomo Bellandi ha rilasciato un’intervista a Tuttosesto.net.

Il promotore del Carnevale è stato Delfo Baldi. Dopo la sua morte, la tradizione si interruppe per tre anni. I suoi figli chiesero, anche a me, se ero disponibile a farla riniziare. Avevamo la sede dietro il campo dei Giuseppini dove si trovava un capannone della Misericordia. Ricominciammo con dei piccoli pianali prestati dai lavoratori della Richard-Ginori. Erano piccoli e bassi e avevano le ruote, servivano per costruire i primi carri.

Andammo anche a Viareggio a comprare le prime maschere. Uno dei primi carri erano dei bassotti. Dopo di che facemmo anche un carro su Pinocchio. Negli anni successivi cominciammo a costruire dei treni per i quali spendemmo molte energie. All’epoca lavoravo in Ferrovie e dal loro archivio ci procurammo i disegni di vecchie locomotive, come la Bayard che inaugurò la Napoli-Portici ai tempi del re Ferdinando. Cercammo di ricostruire in proporzione quel treno. 

Non abbiamo mai realizzato maschere di politici come avviene a Viareggio, ma una volta costruimmo la maschera di King Kong in pelo sintetico. Al secondo o terzo anno inaugurammo la tradizione di bruciare un carro alla fine del CarnevaleSuccessivamente, tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta, costruimmo un battello sulla falsariga del Marieville, statunitense. Per realizzarlo ci procurammo un pianale lungo, in grado di sostenere un carico di 100-150 persone”.

Il lavoro di preparazione dei carri, oltre che faticoso, era molto lungo.

Iniziavamo a costruire i carri a ottobre per essere pronti a febbraio. Lavoravamo dopo cena e durante la pausa pranzo. I carri sfilavano due domeniche, a volte anche tre, e il martedì di chiusura del Carnevale“, prosegue Giacomo Bellandi che si sofferma poi sul percorso. “Qualche volta abbiamo fatto l’anello di piazza del Comune, altre siamo partiti da via Dante Alighieri per tornare dalla strada nova (via Cavallotti, ndr), altre ancora i carri sfilavano in piazza Lavagnini. Dipendeva dai permessi. C’erano tante persone, giovani soprattutto, erano momenti belli. Il Carnevale era molto sentito“.

Ma anche i carri del Carnevale, così come tutte le cose della vita, hanno un inizio e una fine. “La tradizione finì all’inizio degli anni novanta. Siamo invecchiati, non c’è stato ricambio generazionale – ci dice Giacomo -. Uno degli animatori era anche don Cassulo. Quando, però, arrivò il nuovo parroco, don Nistri, la situazione cambiò. Cercammo di costruire un capannone a Padule, avevamo già preso accordi col Comune (il sindaco era Carlo Melani, ndr), ma non se ne fece di niente“.

Nel corso degli anni il Carnevale di Sesto Fiorentino ha avuto degli scambi con quello di San Mauro a Signa: “Noi compravamo le maschere a Viareggio, quelle vecchie le rivendevamo l’anno dopo agli operatori di San Mauro. Molti carri sono stati venduti a loro“, spiega Giacomo.

Carri, maschere e non solo. Bellandi e i suoi compagni, infatti, introdussero la tradizione dei manifesti: “Chiedevamo agli alunni delle scuole medie superiori di disegnare la locandina per il Carnevale che, ovviamente, cambiava tutti gli anni. Inoltravamo collaboravamo con gli Scolopi e con la Scuola d’Arte che preparò trofei in ceramica per il concorso vetrine. Volevamo rilanciare anche la tradizione di Pinocchio. Nell’occasione i ragazzi della Scuola dell’Arte ci procurarono medaglie per la premiazione dei vari concorsi collegati al Carnevale. La nostra idea era di realizzare in piazza del Comune una specie di Paese dei Balocchi nel periodo della fiera, ma non se ne fece di nulla“.

I carri sarebbero riproponibili a Sesto oggi? “Penso di sì, basta poco. Nel periodo di Carnevale ci sono tanti bambini. Sono gli anziani a non avere più la voglia di vestirsi in maschera. In passato c’erano tante persone, più o meno giovani, che si vestivano. Oggi lo si fa solo alle feste private“.

STEFANO NICCOLI

 

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