Dalle palestre alle piscine, dagli sport alla ristorazione, dalla scuola all’università. Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha illustrato le nuove misure per contrastare il contagio da Coronavirus.
Il DPCM, valido dal 19 ottobre al 13 novembre, contiene anche le “istruzioni” sulla chiusura, dalle 21, di strade e piazze a rischio assembramenti. A disporla, ha detto il premier domenica sera da Palazzo Chigi, sono i sindaci. Apriti cielo. I primi cittadini accusano il governo di voler scaricare su di loro la responsabilità. “So che la situazione è difficile, ma lasciare sulle spalle di noi sindaci la scelta delle zone dove imporre e controllare il coprifuoco è impossibile. Il Governo corra ai ripari subito e cambi questa regola“, ha scritto Dario Nardella sui social. Detto, fatto. Sì perché nella versione definitiva del decreto si legge: “Delle strade o piazze nei centri urbani, dove si possono creare situazioni di assembramento, può essere disposta la chiusura al pubblico, dopo le ore 21, fatta salva la possibilità di accesso, e deflusso, agli esercizi commerciali legittimamente aperti e alle abitazioni private“. Pare, quindi, che la chiusura possa essere ordinata non solo dai sindaci, ma anche da altre autorità, ad esempio i prefetti.
Abbiamo chiesto un’opinione ad Emiliano Fossi, Lorenzo Falchi e Riccardo Prestini, sindaci, rispettivamente di Campi Bisenzio, Sesto Fiorentino e Calenzano, i tre Comuni trattati da tuttosesto.net.
“Nella formulazione finale del decreto il ruolo del sindaco è meno pronunciato rispetto a com’era stato declamato ieri sera dal presidente Conte. C’è la tendenza a scaricare la responsabilità a livello locale, ma al tempo stesso mi rendo conto che il sindaco conosce meglio le dinamiche della città se si tratta di chiudere una strada e/o una piazza. E’ vero, c’è un po’ di scaricabarile, ma le lamentele di alcuni colleghi che hanno criticato la scelta del governo sono fuori luogo – dice Emiliano Fossi -. L’impostazione data dal presidente Conte è condivisibile e necessaria perché i contagi sono in deciso aumento e non possiamo ritrovarci in una situazione simile a quella della Francia con circa trentamila casi al giorno. Bene imporre una stretta di vite“.
Lorenzo Falchi commenta in maniera più generale il nuovo DPCM:
“I numeri sono chiari, c’è una ripresa grave dei contagi e una situazione generale che, oggettivamente, è in peggioramento. La previsione di nuove misure di contenimento era quindi attesa e inevitabile. Non so se i provvedimenti contenuti in questo decreto siano sufficienti da soli a frenare i contagi – afferma il sindaco sestese -. Chiaramente ci sarà ancora più bisogno di maggiore responsabilità e maturità nei comportamenti quotidiani di ognuno. Sono però piuttosto preoccupato dalla mancanza di interventi urgenti sul trasporto pubblico e, in generale, sull’organizzazione dei servizi sanitari. Credo che si stia facendo troppo poco per velocizzare i tamponi e i test e per potenziare il tracciamento dei contatti, due elementi basilari per la strategia di prevenzione e contenimento. Naturalmente mi auguro che queste misure portino i risultati attesi dal Governo e dal CTS e ci impegniamo, come sempre, affinché vengano osservate nel modo più capillare possibile“.
Questa, infine, l’opinione del sindaco di Calenzano, Riccardo Prestini:
“Nel decreto si indica la possibilità di chiudere strade o piazze, dopo le 21, dove si verificano situazioni di assembramento, anche se, rispetto alle anticipazioni date dal Presidente del Consiglio, non è specificato di chi sia questa competenza. È una misura chiaramente pensata per le città, dove la sera e la notte si riuniscono molte persone e dove nei mesi scorsi si sono registrati numerosi contagi. A Calenzano non ci sono situazioni di questo tipo. Noi continueremo a vigilare, insieme alle Forze dell’Ordine, e a sanzionare chi non rispetta le regole, ma non credo che la militarizzazione delle strade sia la soluzione. Dobbiamo piuttosto fare leva sul senso civico e quindi sul rispetto di tre regole fondamentali: distanziamento, mascherina e igienizzazione delle mani. Solo così possiamo pensare di frenare il contagio e quindi di evitare un’altra chiusura totale, che avrebbe conseguenze molto gravi sia per i singoli cittadini, che per l’intera comunità e per l’economia del nostro Paese“.
STEFANO NICCOLI