“La parola all’avvocato”: il confine tra rapporto consenziente e violenza sessuale

0
601
Immagine per rubrica

Terzo appuntamento con la rubrica “La parola all’avvocato“, curata dagli avvocati Elisa Baldocci e Marco Baldinotti.

Gli articoli saranno pubblicati settimanalmente. I lettori potranno porre domande che ritengano di comune interesse scrivendo alla mail del nostro giornale: [email protected].

Gentile Avvocato, visti i recenti casi di cronaca, che hanno per oggetto molestie e violenze anche e soprattutto su ragazze di giovanissima età, ci chiediamo quindi quale sia in generale il confine tra rapporto consenziente e violenza sessuale, nei casi in cui a fine serata ci si trovi ad aver bevuto più del dovuto.
Come prima cosa si tratta di capire se il mancato dissenso di quest’ultima possa equivalere ad una sorta di consenso implicito al rapporto oppure se la stessa, anche a distanza di diverso tempo, possa rivendicare di non avervi mai acconsentito e che, in ogni caso, qualora fosse stata lucida e ne avesse avuto la possibilità, avrebbe manifestato chiaramente il suo rifiuto.

Ebbene, ciò che rileva in questi casi è indubbiamente il motivo per cui non viene espressa la volontà di consumare il rapporto sessuale, ovvero bisogna comprendere se tale silenzio sia dovuto o meno proprio allo stato di ebbrezza.

Questo perché il nostro codice penale ricomprende nella nozione di violenza sessuale non solo la condotta di chi con violenza o minaccia “costringa” una persona a compiere o subire atti sessuali” ma anche quella di chi si limiti ad “indurla” a compiere tali atti “abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa”.

Peraltro, ad avviso della Corte di Cassazione, proprio il termine “abuso” sta a significare che il reato viene integrato, non solo quando la condizione di inferiorità sia etero determinata (si pensi ai casi di violenze commesse con l’utilizzo di “GHD” meglio nota come “droga dello stupro”) ma anche ogniqualvolta ci si approfitti del fatto che sia stata la stessa vittima ad aver assunto volontariamente le sostanze che hanno alterato la sua capacità di intendere e di volere.

Onde evitare allarmismi di sorta, occorre però precisare che non vi è alcun automatismo tra la consumazione di un rapporto tra persone che hanno fatto un uso modico o comunque non eccessivo di sostanze alcoliche e il reato di violenza sessuale, proprio perché tale reato si configura soltanto in quei casi in cui la vittima si trovi in uno stato di ebbrezza tale da non essere seriamente in grado di esprimere la propria volontà“.

ELISA BALDOCCI

 

NESSUN COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO