10 marzo 1922 – “La caduta di Sesto Fiorentino”

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Operai Ginori
Foto tratta dalla pagina Facebook di Sesto Com'era

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore dei libri Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino – I giorni della nostra storia

Fatti e date che caratterizzano la storia e la cronaca della città di Sesto con la speranza che ci possano aiutare a conoscere la nostra semenza e a intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

10 marzo 1922 – La caduta di Sesto Fiorentino

Nell’agosto 1921 fu stipulato un nuovo contratto di lavoro per i ceramisti che in alcune sue parti risultava così poco chiaro e diversamente interpretabile che la direzione della Richard-Ginori ne approfittò per ridurre il salario giornaliero di 6,5 lire al giorno. Un atteggiamento così spregiudicato fu possibile grazie al sostegno delle squadre fasciste che proprio in quel periodo, costituirono il Fascio di Combattimento di Sesto. Gli operai furono ‘invitati’ ad esprime in una lettera alla direzione la loro volontà di tornare al lavoro senza tener conto della posizione del sindacato. I comunisti erano propensi a rispondere alla provocazione con uno sciopero generale in tutta la provincia, ma il sindacalista confederale Stefano Paolino non accettò la proposta e, di fatto, proclamò la resa senza condizioni imponendo la

cessazione dello sciopero solamente perché si è resa impossibile ogni resistenza

All’indomani del fallimento dello sciopero L’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci, quasi fosse consapevole dell’ineluttabilità della sconfitta, titolò amaramente “La caduta di Sesto Fiorentino”.

Con un atto di suprema vigliaccheria (…) i dirigenti del proletariato fiorentino hanno abbandonato una battaglia che non doveva essere persa, che non sarebbe stata persa.
E con questa sconfitta umiliante, dolorosa, piena di ripercussioni profonde, e pericolose, la cittadella operaia, questa piccola Sesto, miracolosamente fino ad oggi rimasta libera dal tempestare del terrorismo squadrista, è caduta alla mercé delle “camicie nere”

Di lì a poco i fascisti, forti della vittoria ottenuta contro il sindacato e i lavoratori, iniziarono l’attacco definitivo al Comune e alla Cooperativa

anche quest’ultimo lembo di terra proletaria, questa superstite oasi “rossa”, è caduta senza resistere, in pugno a un branco di bravacci e anche per Sesto si è iniziata ora la triste occupazione dei Fasci di combattimento

La resa nei confronti del fascismo, come sappiamo, non fu definitiva ma per l’ora della riscossa si dovettero aspettare vent’anni. Già in quel brutto 1922, però, si sarebbe potuto capire che i fascisti non avrebbero avuto vita facile. Lo verificò, per esempio, Curzio Malaparte (all’epoca solo Kurt Erich Suckert) che, inviato a tenere un comizio davanti alle maestranze della Richard-Ginori, dovette amaramente constatare quanto le sue parole non trovassero il consenso dei lavoratori:

se volete dimostrare che non siete quel branco di bestie cieche e sciocche che volevano far di voi i mezzani socialisti, gridate: Viva il popolo lavoratore! Viva l’italia! all’esortazione dell’oratore ben pochi hanno risposto. Ciò non torna a onore delle maestranze di Sesto. Tocca agli operai comprendere che i tempi sono cambiati e che soltanto il sindacalismo nazionale ha la forza di tutelare gli interessi del proletariato. Ma anche gli operai di Sesto capiranno un giorno da che parte è la forza.

Vent’anni dopo lo capì anche lui.

Daniele Niccoli

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