11 ottobre 1896 – Nasce la società Richard-Ginori

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Sesto com'era

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino, i giorni della nostra storia

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

11 ottobre 1896 – Nasce la società Richard-Ginori

L’Esposizione Internazionale di Londra del 1862 rappresentò un punto di svolta per la Manifattura Ginori. L’opera di propaganda del direttore della Fabbrica, Paolo Lorenzini, garantì un notevole successo di pubblico sottolineato anche dalla stampa britannica, ma il confronto con le altre realtà industriali fu impietoso. Lo stesso Lorenzini, con lettere private spedite da Londra mise al corrente il marchese dell’inquietante situazione:

 

Siamo inferiori nella eleganza e varietà dei modelli, nel candore e levigatezza delle paste, e degli smalti […], nei sistemi di fabbricazione e di cottura, nei colori, ove l’arte in questi ultimi anni ha fatto dei progressi immensi

 

Lo stesso marchese, incredulo, dovette recarsi nella capitale britannica per convincersi di quanto ampio fosse il ritardo accumulato dalla sua Manifattura. Resosi contro della condizione in cui versava la Manifattura, non esitò a imporre un drastico cambiamento al piano industriale

 

non solo fino a qui abbiamo fatto degli oggetti d’Arte, ma facevamo gli artisti; d’ora in poi non potremmo più farlo: altri tempi, altri costumi […] adesso bisognerà di Mecenati ridursi ad esser mercanti e lo faremo: il mestiere non è nuovo per Firenze

 

Nel giro di pochi anni la fabbrica di Doccia fu completamente trasformata e modernizzata nel processo produttivo. La nuova sfida era quella di produrre in serie oggetti di porcellana per l’uso di tutti i giorni. La produzione degli oggetti artistici fu invece ridotta drasticamente. Nel giro di otto anni il numero degli operai raddoppiò e dovette cambiare anche la filosofia che guidava le assunzioni: non era più sufficiente la ristretta cerchia di famiglie colonnatesi che garantivano il ricambio di padre in figlio. Le porte della fabbrica si aprirono a persone che non avevano mai avuto a che fare con la porcellana e che lo stesso marchese Ginori definiva estranei. In fabbrica entrarono anche donne e bambini costretti a orari di lavoro sfiancanti, periodi di precariato lunghissimi e salari modesti. Condizioni di lavoro durissime che valsero alla Manifattura e al suo padrone un periodo di gran lustro. La produzione aumentò a dismisura, il divario tecnico con le concorrenti aziende europee fu colmato e il marchese Ginori fu insignito della Legion d’Onore.

Nel 1875, tre anni prima della morte, Lorenzo Ginori fu dichiarato incapace di amministrare il patrimonio familiare che fu temporaneamente gestito dal genero Lorenzo Strozzi.

Al momento della morte il testamento dispose che la Manifattura restasse “a comune” tra i figli anche se il primogenito, Carlo, ottenne la quota maggiore. Probabilmente il vecchio marchese aveva intuito lo scarso interesse dello stesso Carlo per le attività dell’azienda e sperava che qualcun altro dei suoi eredi acquisisse con il tempo il necessario entusiasmo per la gestione della Manifattura. Per qualche anno la continuità fu garantita da Paolo Lorenzini, ma alla morte di quest’ultimo (1891) i nodi vennero al pettine. I dissidi tra i proprietari e la scarsa professionalità dei nuovi direttori portarono alla decadenza e alla cessione dell’azienda. Ad acquistarla, per la cifra di 750.000 lire fu il milanese Augusto Richard titolare della Società omonima che solo pochi anni prima era stato definito da Lorenzo Ginori “fabbricante di terraglie”. Il nuovo proprietario, consapevole del valore del marchio acquisito ottenne il diritto di aggiungere alla sua ragione sociale il prestigioso nome Ginori. La nuova azienda nacque l’11 ottobre 1896.

I nuovi proprietari produssero i necessari ammodernamenti alla fabbrica. Tutte le fasi della lavorazione furono meccanizzate e il salario a cottimo fu esteso a quasi tutti reparti della fabbrica.

Quest’ultima decisione fu accolta in maniera favorevole dagli operai che vedevano  aumentare i loro stipendi seppure a discapito della loro salute. Su quanto fossero dure le condizioni degli operai esiste anche la testimonianza di Alfredo Martini che così si esprimeva circa il lavoro del padre ‘fuochista’:

 

A volte tornava a casa abbruciacchiato: pelle, ciglia, capelli. Sapeva di fuoco. Si rischiava la pelle anche solo a respirare. E si moriva di silicosi: catturava naso e gola, otturava i bronchi, era difficile superare i cinquant’anni

 

L’idillio fra nuovi proprietari e maestranze s’interruppe verso la fine del’98 quando Augusto Richard dispose una drastica riduzione delle tariffe del cottimo. Anche il clima sul posto di lavoro s’inasprì e la mancanza di regole lasciò spazio ad atteggiamenti repressivi magari legati all’umore di dirigenti e capi reparto. La nuova società eliminò anche il contributo alla scuola di disegno e la stessa Società di Mutuo Soccorso, vanto della famiglia Ginori, visse un momento di crisi superato solo grazie al lascito di Paolo Lorenzini.

Tra altri e bassi la storia della Richard-Ginori è proseguita fino al 1970 quando la società diventò una controllata del gruppo Finanza Sviluppo di Michele Sindona. Da allora alla guida dell’azienda si sono alternati numerosi imprenditori, da Ligresti a Pagnossin, da Bormioli a Villa fino al fallimento del 2013 e la riapertura dello stabilimento nello stesso anno con il marchio Gucci.

Daniele Niccoli

 

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