14 maggio 1865 – Inaugurazione della Statua di Dante

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Firenze 365, la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro omonimo edito da apice Libri 

Fatti e aneddoti legati alla storia della città di Firenze raccontati giorno per giorno

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti
me per seguir virtute e canoscenza   (Dante, Inferno, canto XXVI)

14 maggio 1865 – Inaugurazione della Statua di Dante

Un colpo di cannone sparato alle 8 e 45 del 14 maggio 1865 dal Forte di Belvedere fu il segnale per la partenza di un corteo con i rappresentanti di circa 700 comuni dell’Italia unita. Iniziarono così i festeggiamenti per la nuova capitale del Regno che si concretizzarono in piazza Santa Croce dove Vittorio Emanuele II inaugurò il monumento in onore di Dante realizzato da Enrico Pazzi. Per i fiorentini fu la maniera, a seicento anni dalla nascita, di salutare il ritorno a Firenze del loro poeta che pure, in vita, non si era risparmiato nelle critiche alla città e a chi la abitava.

Ed egli a me: La tua città, ch’è piena
d’invidia sì, che già trabocca il sacco,
seco mi tenne in la vita serena   (Dante Alighieri)

Giusti son due, e non vi sono intesi
superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville, c’hanno i cuori accesi   (Dante Alighieri)

I fiorentini a loro volta, pur amando visceralmente Dante, non gli hanno mai risparmiato qualche battuta prendendo per esempio spunto dalle pose che il poeta tiene nelle statue a lui dedicate. La prima è all’interno della basilica di Santa Croce, dove il poeta sta seduto sul suo sepolcro come se fosse sul trono, ma quello con la seggetta:

Dante Alighieri, sì come al mondo s’usa
Ponza e riponza finché vien la Musa

La seconda statua è proprio quella di piazza Santa Croce: Dante, dopo essersi liberato, sembra volersi rivolgere al mondo intero:

Dante Alighieri, dalla scienza infusa
L’ha fatta in Santa Croce e qui l’annusa.
Gli par che odori e quindi, ardito e fiero,
la lancia soddisfatto al mondo intero.

Uno come Dante, che ha messo un Papa all’inferno ancor prima che morisse, non poteva non dire l’ultima. Cosi, facendo riferimento all’alluvione del 1966, si rivolge ai suoi concittadini:

O’ Fiorentini, mi avete esiliato,
prendete la merda che Dio v’ha mandato   (Riccardo Marasco)

Daniele Niccoli

 

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3 COMMENTI

  1. Bravo Daniele! È un articolo arguto e giusto che conoscevo in parte. Vorrei contattarvi.
    G.Piero

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