15 febbraio 1954 – Licenziamento degli operai della Ginori

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La fornace

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore dei libri Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino – I giorni della nostra storia

Fatti e date che caratterizzano la storia e la cronaca della città di Sesto con la speranza che ci possano aiutare a conoscere la nostra semenza e a intuire il nostro futuro.
La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

15 febbraio 1954 – Licenziamento degli operai della Ginori

Nel 1948 la Direzione dalla Richard-Ginori pianificò la costruzione di un nuovo stabilimento nella Piana che avrebbe sostituito la storica Manifattura di Doccia. La vicinanza alla stazione giustificava, dal punto di vista economico, lo spostamento, ma si trattava comunque di un evento epocale che non poteva avere ripercussioni sul tessuto sociale sestese. Per di più l’iniziativa andava a sovrapporsi alle lotte (1949) per la conquista del primo contratto di lavoro nazionale dei ceramisti che si svolgevano in un clima poco favorevole.

Dopo la caduta del governo di Unità Nazionale, infatti, si stava materializzando anche la scissione sindacale. Il contratto fu comunque firmato il 23 marzo. La Cgil ottenne la maggioranza nelle elezioni delle rappresentanze sindacali all’interno dello stabilimento di Doccia, ma si trovò subito a dover affrontare una dura trattativa. La direzione, infatti, nel 1950 inviò lettere di licenziamento a 350 operai. Quasi tutti del reparto maioliche. S’inaugurava così una stagione di lotte che sarebbe durata quasi un decennio. Gli operai risposero alla provocazione dell’azienda presentandosi regolarmente al lavoro. La risposta dei dirigenti fu altrettanto ferma: abbandonarono lo stabilimento e si trasferirono nella sede della Confindustria di Firenze.

Iniziò un periodo di autogestione durante il quale gli operai dimostrarono la pretestuosità della decisione dei dirigenti della Manifattura. Elaborarono un piano industriale in grado di dimostrare le concrete possibilità di sviluppo e innovarono la produzione realizzando cinque prototipi di isolatore elettrico gigante e un nuovo servito da caffè.

Ai lavoratori non mancò mai il sostegno dei cittadini e delle istituzioni. Raccolte di fondi per il sostegno alla lotta furono organizzate nelle Case del Popolo e nelle Chiese. La serietà della situazione fece superare differenze ideologiche che proprio in quel periodo andavano inasprendosi.

L’autogestione si interruppe nel gennaio del 1951 quando i dirigenti della Manifattura denunciarono i lavoratori per arbitraria occupazione e gestione della fabbrica. La lotta sindacale continuò con tutti i mezzi possibili e alla fine i licenziamenti furono ridotti a 150. Tra i licenziati anche Giorgio Fissi, direttore de La Fornace, il giornale di fabbrica voluto dagli scioperanti. Vittoria di Pirro? Difficile stabilirlo. Di sicuro si trattò solo di una tappa. Le crisi del ’54 e del 56’ ebbero esito ancor più negativo. Alla fine si contarono più di mille licenziati.

Mentre succedeva tutto questo, il primo novembre 1957, Doccia tirò giù il bandone: il trasferimento degli operai nel nuovo stabilimento nella Piana sestese si era completato. Si chiudeva una porta ma si apriva un portone e i sestesi colsero l’opportunità. Sfruttando le esperienze maturate in tanti anni di lavoro in Manifattura, molti ex operai della Ginori si misero “per conto loro”, cioè aprirono tante nuove piccole imprese e contribuirono alla nascita di una Sesto che non fosse più la città della Fabbrica. In venti anni le aziende ceramiche quadruplicarono conferendo slancio a tutta l’economia del paese.

Oggi lo scenario è ulteriormente cambiato. Il settore ceramico è meno strategico per Sesto e la stessa Manifattura ha superato a stento periodi di crisi e fallimenti societari. La sua “Palla” però rimane un’icona e, seppure in maniera minore rispetto al passato, la sua sirena continua scandire il ritmo della giornata di molti sestesi: dal richiamo al lavoro la mattina, al momento di “buttare le paste” per il desinare passando attraverso il fischio più forte, quello del primo settembre che da settantasette anni ci ricorda la Liberazione di Sesto dai nazi-fascisti.

Daniele Niccoli

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