25 giugno 1871 – Inaugurazione del Palazzo Comunale

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Palazzo Comunale
Sesto com'era

Sesto giorno per giorno la rubrica curata da Daniele Niccoli, autore del libro Sesto una bella storia e Sesto Fiorentino, i giorni della nostra storia

Un aiuto per conoscere la nostra semenza e per intuire il nostro futuro.

La casa sul confine dei ricordi,
la stessa sempre, come tu la sai
e tu ricerchi là le tue radici
se vuoi capire l’anima che hai (Francesco Guccini)

Sesto giorno per giorno

25 giugno-1871 – Inaugurazione del Palazzo Comunale

Con le Leggi leopoldine del 1774 gli antichi ordinamenti che suddividevano i territori in Podesterie furono soppressi e così Sesto divenne una comunità guidata da un Gonfaloniere. Per tutto il periodo granducale e anche durante la breve stagione francese l’amministrazione comunale non ebbe una sede propria e dovette convivere con l’autorità giudiziaria all’interno del Palazzo Pretorio. Con l’Unità d’Italia, soprattutto dopo la promulgazione della legge sull’ordinamento comunale, la macchina amministrativa si sviluppò di pari passo all’aumentare delle funzioni che andava a svolgere e il problema di una sede si fece più stringente. Già nel 1862 il consiglio autorizzò il gonfaloniere ad affittare alcune stanze di villa Paoletti in via Vittorio Emanuele per trasferirvi gli uffici comunali. Si trattava di una soluzione provvisoria e infatti già nel 1865 il marchese Ginori sollecitò la realizzazione di un palazzo comunale. In quegli anni si stava decidendo anche il destino della pretura: se fosse stata spostata a Campi, il palazzo Pretorio sarebbe potuto diventare la sede del Comune. Sventata questa ipotesi il processo di realizzazione del Palazzo comunale subì un’accelerazione. Innanzi tutto fu acquistato, per una cifra di poco superiore alle 5.000 lire, un terreno di proprietà di Enrico Giorgi de Pons che, dopo la copertura della gora e del canale di scolo del Mulino fu adibito a piazza. Più difficile fu l’iter dell’acquisto del terreno su cui doveva sorgere il palazzo. Il contenzioso con Mustiola Sguanci si protrasse fino al 1872, ma il suo terreno fu espropriato già nel 1869 per cui proprio nel febbraio di quell’anno il Consiglio comunale indisse un concorso per la realizzazione del Palazzo Comunale.

La commissione esaminatrice, presieduta dal sindaco, e comprendente anche l’architetto Cintolesi, l’architetto Presenti e i consiglieri comunali Tosi, Chambion e Brunelli bocciò tutti i progetti.  Daddi però non volle allungare troppo i tempi e decise di adottare, con profonde modifiche, il progetto dell’ingegner Adolfo Moriani che realizzò l’opera tra 7 novembre 1869 e il 25 giugno 1871.

Il preventivo di spesa che era stato fissato a 100.000 lire fu ampiamente superato. La sola festa d’inaugurazione costò più di mille lire. Alla fine lo sforamento si aggirò sulle 50.000 lire e determinò polemiche e interpellanze. Lo stesso marchese Lorenzo Ginori, polemizzò con il Daddi che comunque tirò avanti per la sua strada.

A molti la mole del Palazzo sembrò spropositata rispetto alle esigenze della macchina comunale dell’epoca. Forse lo era veramente, ma il sindaco, in maniera lungimirante aveva previsto che il nuovo Palazzo disponesse di tre locali da adibire a scuola, di una salone per le adunanze del Consiglio Comunale, gli alloggi per le Guardie, i Donzelli e i Maestri e tutti gli uffici del Comune. Opere che sarebbero tornate utili negli anni successivi.

A tanti e sì stupendi ritrovati
                                        risvegliossi anche Sesto Fiorentino
                                        e la Mercè di esperti rinomati

                                      ingegnare, si vide qua vicino
                                      sorger municipal palazzo
                                      che senbra la Badia del Buonsollazzo

                                     Arborato piazzal stendesi innanti
                                     ove ne’ festi dì si fa il mercato:
                                     e vi si vende a cupidi abitanti

                                   baccalà, buona trippa e buon castrato:
                                   stracci, treppiè, bichhier, bocce di vetro
                                   e gran budella a pochi soldi al metro (Don Lino Chini)

 

Daniele Niccoli

 

 

 

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